«Permessi di soggiorno in nome di Dio». I comboniani cominciano a distribuirli a Roma
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[16/11/03] Permessi di soggiorno simbolici rilasciati «in nome di Dio». È l'iniziativa organizzata da un cartello di associazioni come Pax Christi, Rete Lilliput, Associazione umanitaria «Benjamin international», Senzaconfine, Dhuumcatu, a Roma in piazza S.Marco, vicino alla prefettura e davanti alle prefetture di molte città italiane.
«La scelta del luogo non è casuale - spiega Riccardo Troisi, responsabile per il Lazio della rete Lilliput - Abbiamo preso spunto dalla bonaria provocazione dei comboniani di Castelvolturno. Vogliamo richiamare l'attenzione sul mondo sommerso degli immigrati. Il Governo, non favorendo la regolarizzazione, si prende una grave responsabilità. Intendiamo, con questa iniziativa, lanciare segnali di solidarietà e accoglienza nei confronti degli immigrati, valori messi in discussione dalla legge Bossi-Fini».
Un'iniziativa, partita nel giugno scorso, quando padre Giorgio e padre Franco, missionari comboniani da sempre impegnati nella lotta contro la schiavitù, si erano incatenati alle inferriate della questura di Caserta per denunciare i rastrellamenti di africani innocenti a Castel Volturno (in provincia di Caserta), nell'ambito dell'operazione di Polizia denominata "Alto impatto".
«Sono preoccupata, io sono stata messa in regola con la passata legge 40, che ci dava l'opportunità di avere un permesso di soggiorno per 2 anni, ed anche 4 per quelli che come me sono in regola già da tempo. Se per disgrazia dovessi perdere il mio lavoro, con la legge “Bossi-Fini”, avrei solo sei mesi per trovarne un'altro, ma è molto difficile trovare dei datori di lavoro che ti mettano in regola». Così Miriam, 42 anni colombiana, che da otto anni vive e lavora in Italia, esprime la sua preoccupazione.
Ed erano in molti alla manisfetazione, sotto la pioggia, a rivendicare il diritto a sentirsi integrati, insieme ai tanti italiani, presenti. Insieme ai canti e alla musica etnica tante le testimonianze di vita degli immigrati e la distribuzione di permessi di soggiorno fac-simile a tutti i presenti.
«Oggi i media hanno creato un'immagine dello staniero che è abominevole, facendo nascere nella gente paura e razzismo. Noi lasciamo il nostro Paese, i nostri affetti per cercare un fututro migliore per noi ed i nostri figli, ed invece troviamo solo leggi restrittive, che ti fanno sentire come se fossi una merce», dice Miriam, che senza peli sulla lingua non esita a dire: «Dicono che veniamo da paesi poveri, ma non è vero. Lo sono diventati oggi solo perchè tanti paesi potenti come gli Usa vengono a sfruttare le nostre risorse, lasciandoci solo le briciole»
Ed alla manifestazione si è discusso anche del diritto di voto: l’undici ottobre i padri Comboniani avevano inviato una lettera al vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini per appoggiare la sua proposta di estendere il voto amministrativo agli immigrati.
«Non mi sento integrata, eppure vivo e lavoro in Italia da tanto tempo, e mi negano il diritto di votare, che è una cosa elementare... siamo qui anche per quello» dice la colf colombiana.
La manifestazione ha immediatamente suscitato le decise proteste della Lega Nord. Che attraverso le parole di Gianpiero Reguzzoni, consigliere regionale lombardo del Carroccio, arriva addirittura ad offendere l'impegno civile dei comboniani. I missionari invece ribadiscono il loro appoggio alla richiesta di riconoscimento degli extracomunitari e la loro contrarietà allla Bossi-Fini,che «ha reso sempre più difficile la regolarizzazione degli immigrati favorendo così il crescere di un mondo sommerso facilmente vittima della criminalità organizzata e di datori di lavoro senza scrupoli».
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