Bossi-Fini, giudici in rivolta. "Legge confusa e inapplicabile"
Sono 261 le eccezioni di incostituzionalità sollevate contro la normativa sull'immigrazione approvata un anno fa
Centinaia di processi sospesi. L'articolo 13 il più impugnato.
La Consulta ha fissato la prima Camera di consiglio a ottobre
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[14/07/03] ROMA - Duecentosessantuno eccezioni di incostituzionalità. Duecentosessantuno casi che oggi pendono davanti alla Consulta. Non c'è dubbio. La legge Bossi-Fini non convince i giudici italiani, che continuano a sospendere i processi a carico degli immigrati e a rivolgersi alla Corte costituzionale. Contro il nuovo Testo unico sull'immigrazione (legge 30 luglio 2002, n.189) "c'è un vero e proprio record di ricorsi (261, al 4 luglio 2003, ndr) - confida una responsabile della cancelleria della Consulta - che continua a crescere mese dopo mese e minaccia di non arrestarsi finché la Corte non prenderà una decisione".
La prima Camera di consiglio è fissata per il 15 ottobre 2003. La legge Bossi-Fini? "Noi la stiamo applicando - aveva affermato l'allora procuratore di Milano, Gerardo D'Ambrosio, nel novembre dello scorso anno - anzi stiamo facendo l'impossibile per rimediare a certe norme macchinose e di dubbia interpretazione".
E in effetti da subito la nuova legge aveva gettato nella confusione le aule di giustizia italiane. La gran parte delle eccezioni di incostituzionalità investono l'articolo 13 della legge, in base al quale lo straniero irregolare che "senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine di espulsione del questore, è punito con l'arresto da sei mesi a un anno". Molti giudici (a Roma, Ravenna, Terni, Padova, Firenze, Bologna, Viterbo, Torino) ritengono che tale disposizione contrasti con la Costituzione. E in particolare con l'articolo 2 che sancisce il principio di solidarietà. Con l'articolo 3, per la disparità di trattamento tra cittadini italiani e stranieri: questi ultimi infatti sarebbero arrestati anche solo per un reato contravvenzionale. Con l'articolo 24 che garantisce il diritto alla difesa. E con l'articolo 27, sulla presunzione di non colpevolezza.
Diversa la questione sollevata da Marco Gelonesi, presidente della sezione lavoro del tribunale di Genova. Il 12 marzo 2003, il giudice ha ritenuto incostituzionale l'articolo 33 della Bossi-Fini, perché "sembra dare la facoltà e non l'obbligo al datore di lavoro di sanare il rapporto con l'extracomunitario privo di permesso di soggiorno". Gelonesi era chiamato a pronunciarsi su un ricorso presentato dagli avvocati di un immigrato, privo di permesso di soggiorno, il cui datore di lavoro si era rifiutato di denunciare la posizione lavorativa alla prefettura. La legge Bossi-Fini afferma infatti che l'imprenditore "può denunciare" la sussistenza del rapporto. Gli avvocati dell'extracomunitario chiedevano che il giudice interpretasse quel "può" con un "deve". Gelonesi non ha accolto la richiesta, ritenendo che la volontà del legislatore fosse chiara. Ma ha ritenuto che la norma, in questa parte, fosse viziata di incostituzionalità.
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