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Trasformiamo il 2003 nell'anno dei diritti

articolo - italia - - - L'Unità - Luigi Manconi, Gianni Mattioli, Massimo Scalia - Diritti e Giustizia

[08/01/03]

E’ possibile mobilitarsi “per la libertà”? O meglio: per “le” libertà? Sta per concludersi l’anno dei girotondi ed è utile, forse, trarre un primo bilancio dei “mille movimenti” e riflettere sulle prospettive che si aprono. Non spetta, certo, a questo articolo farlo: qui ci limitiamo a indicare una possibile agenda per la ripresa dell’iniziativa e a suggerire un terreno di elaborazione e di azione.
Partiamo dalla premessa, che ci pare condivisa, che quei movimenti sono stati – inevitabilmente e sacrosantamente – difensivi e “conservatori”. Dal momento che l’offensiva del governo di centrodestra si concentrava e si concentra sul sistema dei controlli di legalità e sulla categoria stessa di legalità, la mobilitazione dell’opposizione (e, in particolare, quella dei girotondi) ha privilegiato – ed era inevitabile – la questione della giustizia come repressione dei reati, dei rei e degli impuniti. E ha trascurato - ed era inevitabile - la questione della giustizia come affermazione, in positivo, di prerogative, di garanzie e di diritti. Come questione di libertà: ovvero – appunto – “delle” libertà. Delle molte libertà negate, non riconosciute o non tutelate, che indeboliscono il nostro sistema di cittadinanza e lo rendono gracile e asfittico. Sia chiaro: tutto ciò è, in qualche misura, obbligato. Quando vengono attaccati diritti collettivi primari (quello al lavoro e quello all’uguaglianza di fronte alla legge) sembra fatale trascurare i diritti individuali della persona. Ma, appunto, “sembra”. Così non è, in realtà, anche se una antichissima tradizione dell’intera sinistra ha coltivato la contrapposizione e, addirittura, l’inconciliabilità tra diritti sociali e diritti individuali, tra garanzie della collettività e garanzie della persona, tra tutela della comunità e tutela dell’individuo. E tuttavia – oggi in particolare, quando questo intreccio tra diritti sociali e diritti individuali arriva a connotare la “Carta di Nizza” – è possibile pensare e procedere diversamente, dal momento che le aspettative del cittadino contemporaneo si sono ampliate e arricchite e riguardano, insieme, bisogni materiali e bisogni immateriali, sovranità su di sé e sul proprio corpo e interessi condivisi, autonomia della persona e pari opportunità. D’altra parte, è possibile – lo crediamo, lo speriamo – che i “mille movimenti” assumano tali questioni e ne facciano terreno di mobilitazione. Un terreno dove non mancano, certo, le occasioni e i punti di conflitto con la cultura e il senso comune dominanti e con l’azione del governo di centrodestra .
Quello che segue, pertanto, è un primo e approssimativo catalogo, tutto discutibile e tutto integrabile, di temi e obiettivi, suscettibili di costituire un possibile “programma dei diritti e delle libertà”, che il Movimento Ecologista propone ai molti soggetti del centrosinistra.
1. Abrogazione dei reati di opinione. Gli arresti dei militanti anti-globalizzazione su ordine della procura di Catanzaro rendono non più differibile l’abrogazione dei reati di opinione. Anche delle opinioni da noi più distanti e a noi più ostili (il che richiede la riforma della stessa “legge Mancino”, relativa a “discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”). 2. Tutela della piena libertà religiosa per le confessioni diverse da quella cattolica. Questo significa, oggi, adoperarsi perché la legge generale sulla libertà religiosa, che attende da oltre un decennio, sia infine approvata; e significa impegnarsi perché sia firmata l’intesa tra lo Stato italiano e le comunità musulmane presenti nel nostro paese: così che siano riconosciuti l’esercizio delle attività di culto e di organizzazione e le diverse forme di vita proprie dell’Islam (riti, pratiche alimentari, festività).
3. Difensore civico nelle carceri. Qui sono del tutto assenti le figure terze: ovvero autorità e funzioni di garanzia, a cui ci si possa rivolgere e appellare per la tutela di diritti formalmente riconosciuti e, tuttavia, non rispettati (si pensi al primario diritto alla salute). Questo rende necessaria l’istituzione di un difensore civico “specializzato” nel trattare le relazioni tra reclusi e pubbliche amministrazioni e nel prevenire e mediare i conflitti “tra custodi e custoditi”.
4. Riconoscimento delle “unioni civili”: ovvero di quel milione e oltre di “coppie di fatto” che convivono stabilmente, in assenza di un vincolo formale. Ne deriva la necessità di dotare di tutele e diritti una “forma coniugale” adottata – per scelta o per necessità – in alternativa al matrimonio. Il riconoscimento giuridico di questa pluralità di relazioni – anche tra individui dello stesso sesso – potrà rivelarsi un interesse sociale e un bene collettivo.
5.Diritto di voto amministrativo per gli stranieri residenti in Italia da 5 anni. L’integrazione, con pari dignità, degli stranieri, richiede norme, atti pubblici, politiche attive. E’ cruciale favorire il passaggio degli immigrati dalla condizione di folla anonima e indistinta – e, dunque, inevitabilmente minacciosa – a quella di una pluralità di individui, titolari di diritti e doveri, di una propria biografia e di una propria identità, abilitati a eleggere propri rappresentanti. Dunque, per chi risiede regolarmente in Italia da un congruo periodo di tempo, può essere assai importante il diritto all’elettorato attivo e passivo nelle elezioni amministrative.
6. Incompatibilità assoluta tra tossicodipendenza e carcere
Nel corso degli ultimi decenni, nella percezione collettiva la figura del tossicomane è stata “ridisegnata”: da vittima a fonte di pericolo, da soggetto debole (che va assistito e tutelato) a soggetto minaccioso (che va punito e interdetto). La tossicodipendenza come patologia e la tossicodipendenza come sofferenza sociale si dileguano dal discorso pubblico e vengono denunciati come argomenti “giustificazionisti”. Se sfuma la tossicodipendenza come problema terapeutico e come questione sociale, emerge – fatalmente – il tossicomane come fattore di disordine e tipologia deviante. In ultima analisi, il tossicomane come criminale. E, invece, il tossicomane – anche quando delinque – ha bisogno di tutto, tranne che di galera.
7. Amnistia e indulto. Nel novembre scorso, i detenuti nelle carceri italiane erano circa 57.000, a fronte di una capienza ottimale – calcolata sugli spazi effettivi, disponibili nel complesso delle carceri – di 38.000 detenuti. Il che significa che l’attuale popolazione è di circa un terzo superiore a quella che gli spazi a essa destinati possono “contenere”. Un provvedimento che decongestionasse le carceri e che restituisse loro un minimo di vivibilità, dignità e umanità aiuterebbe l’amministrazione di una giustizia (un po’ più) giusta. Non solo: rappresenterebbe un segno di “pacificazione” e un messaggio di attenzione, indispensabili per affermare – finalmente con i fatti – che il carcere non può continuare a essere una “discarica sociale”.
I temi qui indicati, forse, sono troppi o, forse, troppo pochi. A qualcuno potranno sembrare eccessivamente circoscritti o, addirittura, minimalisti. A noi appaiono dotati di una significativa coerenza e assai radicali, considerati gli attuali rapporti di forza: e, dunque, capaci di costituire una bozza di programma sul tema, appunto, dei diritti e delle libertà. Discutiamone. Il nostro presupposto è che – contrariamente a quanto pensano i reazionari di destra e di sinistra – di libertà, non ce n’è mai troppa.


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