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La vergogna dimenticata dei Centri per gli immigrati

articolo - italia - - - La Repubblica - Luigi Ciotti - Migranti

[30/11/02]

Social Forum, associazioni, sindacati, forze politiche, singoli cittadini manifestano oggi a Torino perché "né qui, né altrove" – questo il nome dell´iniziativa nazionale - siano più consentiti quei centri per immigrati che solo il velo dell´ipocrisia impedisce di chiamare con il loro nome. La legge che li ha istituiti nel 1998 li definisce Centri di permanenza temporanea e assistenza, ma si tratta in realtà di luoghi di vera e propria reclusione, circondati da alte mura e filo spinato, con telecamere, polizia e cancelli sbarrati.
I giovani dei centri sociali, che per primi e con maggiore determinazione hanno contestato queste strutture, le chiamano "lager": una definizione certo eccessiva, impropria storicamente e inappropriata politicamente. Però è accaduto (a Lampedusa e Agrigento) che immigrati venissero "marchiati" con un numero sul polso a fini di provvisoria identificazione. Un´immagine che può evocare fantasmi del passato e che comunque fotografa quanto poco la dignità e i diritti di queste persone vengano oggi tutelati anche nel nostro Paese, per altri versi spesso solidale e ospitale. E la storia ci insegna che quando un uomo o una donna vengono considerati un numero o ridotti a "cosa", la disumanità diventa possibile e, con essa, l´assuefazione ai diritti calpestati. In questi anni, troppi si sono abituati a pensare che se un immigrato viene rinchiuso ci sarà pure un motivo. E, ancor prima, a ritenere che, in ogni caso, in questi Centri ci finiscono solo i "clandestini", i quali sono per definizione illegali, se non delinquenti.
Circa due terzi degli immigrati trattenuti vengono poi rilasciati: su 9.768 trattenuti nel 2000, 3.134 sono stati rimpatriati, 4.721 rilasciati per scadenza dei termini previsti (prima 30 giorni, ora raddoppiati dalla legge "Bossi-Fini") e 1.483 dimessi per altri motivi. Insomma, migliaia di persone vengono prima trattenute e poi rilasciate senza alcun motivo o necessità per la sicurezza pubblica, in quanto non hanno compiuto alcun reato. E questo è l´ulteriore indizio di quanto certe semplificazioni nel dibattito politico-legislativo e nell´informazione in questi anni abbiano contribuito a demonizzare le persone immigrate, così sedimentando nell´immaginario sociale l´equazione che le vede come criminali, più o meno potenziali.
In questi Centri finisce non chi delinque (che sicuramente esiste, tra gli immigrati come tra gli italiani, e come tale va perseguito), bensì uomini e donne ritenuti "colpevoli" per il solo fatto di esistere. Certo: spesso sono persone entrate irregolarmente in Italia, ma bisogna pure dire e sapere che ciò avviene perché in pratica non esiste modo legale per l´ingresso. Queste persone diventano allora "colpevoli" e vengono rinchiuse, perché noi, l´Europa della moneta unica e dei diritti differenziati, abbiamo deciso che è giusto e naturale non porre barriere alle merci, ma al contempo impediamo lo spostamento delle persone. "Europa fortezza", è stata definita nei seminari del Social Forum di Firenze. Una rete antirazzista europea ha censito ben 3.026 immigrati morti dal 1993 all´inizio di quest´anno nel tentativo di entrare o di attraversare questa "fortezza". E si tratta solo delle morti documentate. Realisticamente se ne sono verificate molte, forse moltissime, di più. Una strage silenziosa di cui non si ha notizia o se ne perde facilmente la memoria.
Sarebbe giusto, anzi è necessario, che si chiudano questi Centri. Sarebbe bello che uno di essi, per esempio quello torinese di corso Brunelleschi, dove terminerà la manifestazione, diventasse un museo da far visitare alle scolaresche. Un museo della memoria e della vergogna, in cui qualche italiano emigrato e qualche straniero che vive in Italia salissero in cattedra per raccontare le umiliazioni subite, la dignità e i diritti calpestati, per tenere corsi di tolleranza. Corsi aperti a tutti e magari obbligatori per chi ha la responsabilità e il potere di fare le leggi. Leggi troppo spesso ingiuste, come quella contro cui si manifesta sabato a Torino.
Presidente di Libera


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