Mani su Internet, mani sulla libertà
Una notizia, alla quale i giornali hanno dedicato pochissime righe, segnala una questione di enorme rilievo e dalle conseguenze non prevedibili. Nove costituzionalisti di rango hanno sottoscritto un testo fortemente critico – e allarmato, molto allarmato – contro un decreto legge approvato dal governo nell’ultima settimana di dicembre. Quella normativa – scrivono i giuristi – consente “una misura di controllo generalizzato su tutta la popolazione, relativo a ogni genere di comunicazione (Internet e posta elettronica compresi)”.
articolo - italia - - - L'Unità - Luigi Manconi - A buon diritto - Promemoria per la sinistra
[23/01/04] Una notizia, alla quale i giornali hanno dedicato pochissime righe, segnala una questione di enorme rilievo e dalle conseguenze non prevedibili. Nove costituzionalisti di rango hanno sottoscritto un testo fortemente critico – e allarmato, molto allarmato – contro un decreto legge approvato dal governo nell’ultima settimana di dicembre. Quella normativa – scrivono i giuristi – consente “una misura di controllo generalizzato su tutta la popolazione, relativo a ogni genere di comunicazione (Internet e posta elettronica compresi)”. Da qui la preoccupazione per provvedimenti che potrebbero ledere “i più elementari diritti della persona”. Colpisce il silenzio che ha accolto quel decreto legge e che ha circondato la protesta dei costituzionalisti. Colpisce, soprattutto, che su tali questioni non si sviluppi una discussione pubblica, nonostante i molti tentativi messi in atto dal garante della privacy, Stefano Rodotà, per richiamare l’attenzione delle autorità e dei cittadini. Il tema è di quelli classici, che evocano due diritti fondamentali, entrambi legittimi e degni di tutela, e tuttavia in costante conflitto e di difficile composizione. La domanda di sicurezza e la diffusione dei più diversi tipi di allarme portano ad adottare misure di prevenzione e di vigilanza sempre più penetranti e invasive: e ciò mentre cresce la sensibilità verso la tutela dell’autonomia della sfera individuale e della sua intangibilità. Su questa contraddizione si giocano, oggi, partite assai impegnative sotto il profilo etico e giuridico: diventano materia di legislazione facoltà e ambiti che si ritenevano sottratti all’intervento pubblico e all’interferenza del potere statuale: e, in ogni caso, al suo controllo. Il corpo umano, innanzitutto; e, poi, le comunicazioni tra gli individui, gli scambi informali, le relazioni private: fin le preferenze e le opzioni, i gusti e gli stili di vita (attraverso le informazioni ricavabili dalle carte di credito, dai telefoni cellulari, dai computer). La nostra vita sociale, ma anche la nostra esistenza privata, oggi, possono essere indagate, conosciute, classificate. Persino previste e orientate. Due notizie, provenienti da paesi che si ritengono alla testa della lotta contro il terrorismo internazionale, confermano quella tendenza. In Gran Bretagna, le telecamere a circuito chiuso hanno superato il numero di 4.285.000, collocate nell’ascensore di casa come davanti al bancomat, all’angolo della strada come nel supermercato: una ogni quattordici abitanti. Il risultato è che un londinese, nel corso di una giornata, può essere ripreso più di trecento volte. D’altra parte, proprio in questi giorni, gli Stati Uniti hanno adottato misure di controllo assai severe nei confronti dello straniero che voglia recarsi in quel paese. Si compie, così, un altro passo verso la generale schedatura e classificazione dei corpi (impronte digitali, retinali, tatuaggio sottocutaneo…): e le procedure di penetrazione e manipolazione degli organismi umani si integrano con i meccanismi di controllo delle comunicazioni verbali, elettroniche, informatiche. Sarà un caso ma, appena una settimana fa, a Cuba è stata approvata una legge che limita drasticamente l’accesso a Internet…
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