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Un illegale pregiudizio di sangue

In una lettera pubblicata da “Repubblica” (18 settembre u.s.), una persona omosessuale racconta le diffidenze, le resistenze e, infine, il rifiuto opposti alla sua offerta di donare il sangue, in un centro trasfusionale di Genova. Il fatto che quella persona garantisse, e potesse provare, la sua estraneità ai cosiddetti “rapporti a rischio”, non è stato considerato sufficiente da una dottoressa “visibilmente imbarazzata”.

articolo - italia - - - L'Unità - Luigi Manconi - A buon diritto - Promemoria per la sinistra

[29/09/03] In una lettera pubblicata da “Repubblica” (18 settembre u.s.), una persona omosessuale racconta le diffidenze, le resistenze e, infine, il rifiuto opposti alla sua offerta di donare il sangue, in un centro trasfusionale di Genova. Il fatto che quella persona garantisse, e potesse provare, la sua estraneità ai cosiddetti “rapporti a rischio”, non è stato considerato sufficiente da una dottoressa “visibilmente imbarazzata”. Si è perpetrato, così, un piccolo e tuttavia odioso atto di discriminazione, non solo del tutto immotivato, ma – oggi - del tutto illegittimo. Conosco bene cosa c’è dietro tale situazione, perché, qualche anno fa – sollecitato da Imma Battaglia e da Franco Grillini – intrapresi una piccola “vertenza” per eliminare quella norma discriminatoria dal nostro ordinamento. Nel giugno del 2000, incontrai il ministro della Sanità, Umberto Veronesi, a proposito del decreto ministeriale (risalente al 1991), che escludeva dalla possibilità di donazione del sangue gli "uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini". Grazie all’impegno di Veronesi si giunse all’elaborazione di un nuovo decreto, che modificava quello precedente e cancellava il divieto di donazione del sangue. Quel provvedimento sarebbe diventato effettivo solo dopo un anno, ma oggi è – incontrovertibilmente - norma dello Stato. Dunque, il comportamento della dottoressa del centro trasfusionale di Genova è stato decisamente illegale. D’altra parte, il divieto relativo alla donazione di sangue era l'unico "luogo" del nostro ordinamento in cui si faceva esplicito riferimento all'omosessualità; e anche l'unica norma - sia pure di legislazione secondaria - in cui gli omosessuali venivano espressamente discriminati. E, infatti, sono molti, nel nostro ordinamento, i punti in cui vi è una implicita discriminazione dei cittadini omosessuali, ma essi non sono mai richiamati direttamente né mai sottoposti a espliciti trattamenti diseguali. Nel caso della donazione di sangue, invece – come si è visto - il richiamo era espresso e diretto. Tanto più grave in quanto assolutamente ingiustificato. Come ben si sa, la possibilità di contagio non è connessa all'orientamento sessuale, ma ai comportamenti sessuali concretamente tenuti, siano essi omo o eterosessuali. Ma, abrogato quel divieto dall’ordinamento, il problema resta, come ben documenta la lettera pubblicata da “Repubblica”. Il pregiudizio si incarna e si esprime in norme, atti discriminatori, azioni ostili, ma non si riduce a essi. Il pregiudizio è, in primo luogo, senso comune, riflesso condizionato, stereotipo condiviso; e non si manifesta necessariamente come aggressione e sopraffazione: può anche esercitarsi attraverso una gentile, gentilissima “tolleranza”, quale quella della dottoressa di Genova, dotata di “molto tatto”, ma così “visibilmente imbarazzata”...


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