«Un difensore civico per chi è dietro le sbarre»
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[10/03/03] ROMA — «Per risolvere i problema delle carceri sono indispensabili interventi normativi che prevedano pene alternative e con costringano il giudice a condannare quasi solo alla detenzione. E in prospettiva serve un difensore civico per i detenuti». E' questo il parere di Mauro Palma, il componente italiano del Comitato europeo contro la tortura e le pene inumane e degradanti (Cpt) del Consiglio d'Europa.
La visita del comitato è del febbraio 2000, la pubblicazione è avvenuta solo a fine gennaio del 2003. Perché tanto ritardo?
«Non certo per colpa nostra: il rapporto era pronto sei mesi dopo la visita. La realtà è che noi dobbiamo attendere le risposte e l'assenso dei governi. Questo a bilanciamento del fatto che noi abbiamo un illimitato accesso ai luoghi di detenzione e ai fascicoli. Nei paesi "a democrazia sedimentata" ciò avviene di solito entro un anno. In Italia invece di solito ci vuole più tempo. Stavolta tre anni, ma la volta precedente erano stati addirittura cinque. Ci auguriamo che la prossima volta ce ne voglia di meno...».
Relativamente al merito della visita, il quadro che viene fatto non è estremamente negativo. Significa che le cose stanno migliorando?
«Rispetto alla visita del 1995 il quadro è certo meno fosco. Parlando di carceri c'è un miglioranento di molte situazioni, ad esempio per le modalità di applicazione del regime speciale per il 41 bis. Ma resta ancora molto, moltissimo da fare. Del resto, basta vedere la situazione di carceri come quella di Poggioreale».
Più carceri o anche interventi normativi?
« Direi che emerge soprattutto la necessità di un intervento da un punto di vista normativo. Come si osserva nel rapporto, il problema dell'affollamento penitenziario, se da un lato richiede sicuramente provvedimenti di tipo edilizio dall'altro lato invita ad adottare nuove politiche penali nelle quali il carcere non sia l'unica pena possibile prevista ma ci siano anche delle pene alternative già scritte nel codice. Un altro punto che mi pare significativo è la richiesta di una diversa formazione del personale carcerario».
Voi fate molte osservazioni anche sulla detenzione presso le strutture delle forze dell'ordine. Denunciando anche alcuni casi di maltrattamento.
«E' sicuramente così. E formuliamo anche alcune proposte. Innanzitutto migliorare la formazione degli operatori. Poi garantire sempre la possibilità di identificare, ad esempio con una sigla, l'operatore di polizia. Questo serve sia per evitare di dover procedere contro ignoti, sia per tutelare gli stessi operatori da false accuse. Invitiamo poi ad adottare una sorta di codice di condotta degli interrogatori di polizia, come è avvenuto in molti paesi dell'Ue. Su questo la risposta del governo mi pare un po' parziale».
Al Consiglio d'Europa avete in mente altro?
«Nel rapporto non c'è, ma il Consiglio d'Europa inviterà gli stati a prevedere un organismo indipendente e riconosciuto in grado di monitorare il sistema. Una sorta di difensore civico per le persone detenute che garantisca la trasparenza di tutte le strutture detentive».
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