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Rida, uomo senza diritti

Al Prefetto di Roma, dottor Achille Serra, le scrivo dopo aver appreso, da un articolo apparso sull’Unità dello scorso 28 gennaio, della vicenda che vede coinvolti il signor Rida Ben Mohammed e i poliziotti dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma. Legga questa mia lettera come un atto di fiducia nelle istituzioni: fiducia ostinata (nutrita di qualche speranza, ma non ingenua): nel chiedere di verificare e smentire una notizia che, se fosse confermata in tutti i suoi aspetti, consegnerebbe all’opinione pubblica l’immagine di un paese poco civile, dove lo stato di diritto è gravemente compromesso da leggi discriminatorie e da comportamenti illeciti.

articolo - italia - - - L'Unità - Luigi Manconi - A buon diritto - Promemoria per la sinistra

[16/02/04] Al Prefetto di Roma, dottor Achille Serra, le scrivo dopo aver appreso, da un articolo apparso sull’Unità dello scorso 28 gennaio, della vicenda che vede coinvolti il signor Rida Ben Mohammed e i poliziotti dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma. Legga questa mia lettera come un atto di fiducia nelle istituzioni: fiducia ostinata (nutrita di qualche speranza, ma non ingenua): nel chiedere di verificare e smentire una notizia che, se fosse confermata in tutti i suoi aspetti, consegnerebbe all’opinione pubblica l’immagine di un paese poco civile, dove lo stato di diritto è gravemente compromesso da leggi discriminatorie e da comportamenti illeciti. Lo so: sono toni molto aspri, quelli cui ricorro, ma la storia, che sinteticamente riporto, semmai dovesse essere confermata, li giustifica tutti. Rida Ben Mohammed è un tunisino di 34 anni, che ha vissuto e lavorato per qualche tempo nel nostro paese. Da irregolare: ovvero come molti altri immigrati, spesso costretti al “lavoro nero” da una normativa macchinosa e da imprenditori, diciamo così, disinvolti (il sig. Rida, nella fattispecie, lavorava presso una grossa impresa edile romana). Nella scorsa estate è stato fermato insieme ad altri stranieri nella sua stessa condizione, perché sprovvisto di regolare permesso di soggiorno. Di conseguenza il 9 luglio 2003, Rida stava per essere imbarcato su un volo che, da Fiumicino, lo avrebbe riportato nel suo paese, quando un suo estremo tentativo di fuga si è trasformato in tragedia; allontanatosi dal gruppo di immigrati che stavano per essere rimpatriati, è stato rincorso da un poliziotto e, nel corso della successiva colluttazione, sono caduti entrambi da una pensilina alta circa 7 metri. Rida ne è uscito vivo, ma ha riportato danni fisici seri, che ancora oggi gli impediscono di deambulare. Quello stesso 9 luglio Rida Ben Mohammed fu condotto nella casa circondariale di Civitavecchia; dalla quale fu presto dimesso, per incompatibilità col regime carcerario, e ricoverato presso l’ospedale di Ostia. Da lì, dopo tre mesi di cure che non sono state sufficienti a riportarlo in buone condizioni di salute, è stato trasferito nel Centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria, dove è in attesa di espulsione. Ci sono molti buoni motivi, a mio modo di vedere, per chiedere che il decreto di espulsione venga revocato o, almeno, temporaneamente sospeso. Le condizioni di salute di Rida sono critiche, e sconsigliano il viaggio al quale lo si vorrebbe costretto. Ancora: il 16 aprile prossimo andrà in aula il procedimento penale che lo vede imputato e, al contempo, parte lesa (perché Rida, accusato di resistenza a pubblico ufficiale e tentata fuga, ha denunciato a sua volta il poliziotto che lo avrebbe gettato giù dalla pensilina): e sarebbe giusto offrire a Rida la possibilità di non essere condannato in contumacia e di poter ribattere alle accuse che gli vengono mosse, difendendosi e chiedendo giustizia per i torti che ritiene di aver subito. Infine Rida dichiara di essere stato vittima, nel Centro di permanenza temporanea, di numerose violenze e minacce. Alcuni giorni or sono era stato convocato al consolato tunisino per l’identificazione. Non potendo camminare sulle sue gambe, e avendo chiesto una sedia a rotelle, è stato trascinato di peso da quattro agenti – questo è quanto riferisce – che lo hanno portato nell’infermeria del Cpt, dove ha subito maltrattamenti e una frattura al polso; di lì, anestetizzato, è stato infine portato al consolato. Una recente visita di Avocats sans frontieres e di Medicins sans frontieres a Ponte Galeria denuncia la criticità delle sue condizioni di salute; conferma che il sig. Rida non può camminare e che il suo polso è ingessato; e che i medici del centro non dispongono – cosa gravissima, qualora confermata – di un quadro clinico, chiaro e completo, delle sue condizioni. Le domando: non crede, dottor Serra, che il posto di Rida sia oggi in un ospedale? Non crede che il suo posto sia poi, il 16 aprile prossimo, in un’aula di tribunale? Non sarebbe il caso di accertare tutta la verità su questo caso, prima di allontanare dall’Italia un uomo che non ha alcun precedente penale e la cui sola colpa è quella di aver lavorato per un imprenditore inadempiente? Non sarebbe giusto dare un’opportunità a Rida prima si “liberarci” di lui e della sua ingombrante storia? Signor Prefetto, sono certo che vorrà provvedere alle necessarie verifiche: e attendo con fiducia la sua risposta. Luigi Manconi


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