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Immigrati, accoglienza o detenzione?

Dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo deriva la facoltà, per i singoli Stati, di prevedere forme di arresto o di detenzione di stranieri: per impedire loro l'ingresso irregolare nel territorio o al fine di rendere eseguibile un provvedimento di espulsione. (...)

articolo - italia - - - L'Unità - Luigi Manconi - A buon diritto - Promemoria per la sinistra

[11/11/03] Il primo comma dell'art. 5 della Convenzione contempla, tra i casi tassativi in cui un soggetto può essere privato della libertà personale, "l'arresto o la detenzione legali di una persona per impedirle di penetrare irregolarmente nel territorio, o di una persona contro la quale è in corso un procedimento di espulsione o di estradizione". L'art. 12 della legge 40 /1998 (la “Turco-Napolitano”), è la “traduzione” italiana di quella facoltà: introduce nel nostro ordinamento il trattenimento nei “centri di permanenza temporanea e assistenza degli stranieri sottoposti a provvedimento di espulsione o di respingimento, con accompagnamento coattivo alla frontiera non immediatamente eseguibile”. La misura del trattenimento venne presentata - nella relazione di accompagnamento alla legge - come una vera e propria necessità, caratterizzata "dall'estraneità dei centri (…) al circuito penitenziario, dalla conformità del trattenimento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e dall'omogeneità della misura alle normative previste negli altri ordinamenti europei". Col tempo, si è visto – spesso drammaticamente – che si trattava, al più, di buone intenzioni. I primi Cpt furono istituiti immediatamente dopo l'emanazione della legge: sotto la pressione dei numerosi sbarchi verificatisi nei mesi estivi del 1998, le autorità individuarono i siti da adibire, senza tenere conto dei criteri che il governo stava ancora elaborando e che furono inseriti, poi, nel regolamento di attuazione (1999). Fu così, ad esempio, che nacque il Cpt di Agrigento: un agglomerato di capannoni metallici in un’area industriale, nei quali si è raggiunta, in alcuni periodi, una capienza di 800 persone: 3 mq a testa. Di tutti i Cpt presenti oggi in Italia, il solo costruito ex novo è quello di Roma, a Ponte Galeria. Per il resto si tratta di strutture obsolete, riconvertite al nuovo uso: ospizi, masserie, strutture aeroportuali, vecchie fabbriche, unità abitative mobili, caserme. Ma, a ben vedere, sono altre le condizioni che raccontano veramente cosa siano questi Cpt. Nel Centro di Bologna (la denuncia è dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) agli stranieri trattenuti in attesa di espulsione non sono riconosciuti neppure i diritti di cui godono i detenuti. È pressocché impossibile, per i parenti, visitarli prima che siano allontanati dal suolo nazionale o dal centro: e mentre il parente di un detenuto, di norma, ottiene il permesso alla visita in poche ore o pochi giorni, qui sono necessarie almeno due settimane. Il tutto in violazione della “Carta dei diritti e dei doveri” dei Cpt, che prevede che l’autorizzazione venga rilasciata o negata entro 48 ore. Nel marzo di quest’anno, lo stesso Cpt di Bologna era stato teatro di una azione di repressione di un tentativo di fuga, conclusasi con violenze indiscriminate: al punto che è stato aperto un procedimento a carico di 11 poliziotti, un carabiniere e il responsabile della Croce Rossa. Altri procedimenti sono in corso: per episodi di violenza verificatisi al Regina Pacis di Lecce (in questo Cpt, di recente, nel corso di appena due settimane, si sono registrati 4 tentati suicidi); al Vulpitta di Trapani, per la strage consumatasi nella notte tra il 28 e il 29 dicembre del ’99, quando un incendio provocò la morte di 6 immigrati. E ancora altri procedimenti per vicende altrettanto tragiche. Se i Cpt già presentavano numerosi dubbi di costituzionalità e tutte le gravi problematiche che i fatti qui riportati evidenziano, figuratevi cosa succede ora, dopo che la “legge Bossi-Fini” ha raddoppiato i periodi di “trattenimento”. Viene in mente una notizia di questi giorni: In Australia, la legge prevede che se un irregolare raggiunge il territorio nazionale, conquista il diritto di chiedere il soggiorno. Ma il regolamento esecutivo consente al governo di trasformare alcune isole in “zone di non immigrazione” e, dunque, di respingere gli sbarchi. E’ un’idea. Perché non applicarla a Pantelleria? O all’intera Sicilia? O a quella pen-isola che è l’Italia?


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