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Immigrazione, la minaccia inesistente

«Ci sono due milioni di persone, di poveracci, in Libia, in attesa di partire. E ci sono alcune centinaia di criminali, perfettamente organizzati, in attesa di imbarcarli su qualsiasi carretta». Così il ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu, il 21 luglio scorso alla Camera dei deputati. E, a proposito dei profughi, ha parlato di «immagini terrificanti che abbiamo consegnato al Parlamento europeo: cadaveri nel Mediterraneo, e nel deserto africano, di gente che tentava di raggiungere le coste europee». Le dichiarazioni di Pisanu vanno lette con attenzione. Soprattutto vanno interpretate in una cornice di senso più ampia: quella del dibattito pubblico sull'immigrazione irregolare nel nostro paese.

articolo - italia - - - Unita' - Andrea Boraschi, Luigi Manconi - A buon diritto - Promemoria per la sinistra

[08/09/04] «Ci sono due milioni di persone, di poveracci, in Libia, in attesa di partire. E ci sono alcune centinaia di criminali, perfettamente organizzati, in attesa di imbarcarli su qualsiasi carretta». Così il ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu, il 21 luglio scorso alla Camera dei deputati. E, a proposito dei profughi, ha parlato di «immagini terrificanti che abbiamo consegnato al Parlamento europeo: cadaveri nel Mediterraneo, e nel deserto africano, di gente che tentava di raggiungere le coste europee». Le dichiarazioni di Pisanu vanno lette con attenzione. Soprattutto vanno interpretate in una cornice di senso più ampia: quella del dibattito pubblico sull'immigrazione irregolare nel nostro paese. Da un lato, si comunica che la pressione alle nostre frontiere è «enorme» e che si rischia una vera e propria «invasione», quale nessun paese europeo saprebbe sopportare e gestire. Dall'altro, si ricorda la «verità» delle migrazioni dal terzo mondo verso l'occidente; migrazioni delle quali finiamo per conoscere solo i numeri, gli incidenti e le morti in un tratto breve, ancorché pericoloso: quello delle rotte che dal medio oriente, dalla Turchia o dal Maghreb puntano alle coste della Sicilia, della Spagna, della Grecia. Ma i viaggi dei migranti cominciano, spesso, molto più lontano: nell'estremo oriente e nell'Africa sub-sahariana, in special modo. E di quanti non ce la fanno ad arrivare sulle sponde del Mediterraneo, per tentare un approdo in Europa, finiamo col non sapere nulla. L'immigrazione irregolare, dunque, come emergenza di ordine pubblico (il pericolo di «un'orda» e di «milioni» di disperati che premono sulle nostre coste) e come «emergenza umanitaria» (un movimento migratorio di proporzioni inedite, che conta ogni anno migliaia e migliaia di morti): questo è quanto il governo, per bocca del ministro degli Interni, comunicava al Parlamento e al paese appena qualche settimana fa. Che dire? L'anno scorso presentammo i risultati di una ricerca di A Buon Diritto. Associazione per le libertà, in cui mostravamo, numeri alla mano, che le cifre dell'immigrazione irregolare via mare sono stabili ormai da tempo; che tali cifre non sono, in alcun modo, allarmanti; e che, negli ultimi anni, si registra una sensibile tendenza alla riduzione. La comunicazione istituzionale e politica sul tema, sino a quel momento, era stata opaca: i dati sugli sbarchi di irregolari in Italia erano stati forniti solo episodicamente, scanditi in maniera tale da rendere quantomeno disagevole ogni analisi comparativa e storica. Nell'ultimo anno, qualcosa è cambiato. La legge detta «Bossi-Fini» è entrata a regime, il vice-premier ha avanzato una proposta di riconoscimento del diritto di voto agli immigrati; e, allo stesso tempo, abbiamo assistito a una intensa campagna del governo per rivendicare, con grande enfasi, un sensibile calo dell'immigrazione «clandestina». Quella tendenza al rallentamento dei flussi migratori verso il nostro paese, che segnalammo nel giugno del 2003, è diventata, dunque, un «bene politico» del centrodestra, sia pure utilizzato in forma fobico-regressiva: «- 40% di clandestini», si leggeva, in occasione delle elezioni europee, in un manifesto di Forza Italia. Ma se con una mano si sventola la bandiera del successo nella lotta all'immigrazione irregolare, con l'altra si continua ad agitare la minaccia di un'Italia a rischio di «invasione». Risulta fatale, così, che alle affermazioni di Pisanu, la Lega replichi come segue: «Neanche uno dei 2 milioni di possibili clandestini deve arrivare in Italia, lo diciamo con forza a Pisanu. Pertanto si adoperi in tutti i modi per prevenire questa nuova invasione. Il ministro non avrà alibi: sarà lui e solo lui il responsabile di ogni eventuale nuovo arrivo nel nostro Paese». In altre parole, la riduzione dell'immigrazione irregolare è un successo politico solo nella misura in cui la stessa immigrazione irregolare viene percepita come un'emergenza. Insomma, acclarato definitivamente che gli sbarchi sulle nostre coste sono sotto controllo e vanno diminuendo, si continua a raccontare un'Italia «assediata» da schiere di disperati (che, c'è da giurarci, una volta sbarcati delinqueranno, ruberanno lavoro e donne agli italiani, costituiranno pericolosi nuclei terroristici…). Senza questa minaccia, tanto incombente quanto fittizia, qualche forza politica del centrodestra smarrirebbe alcune delle proprie stesse ragioni di esistenza e la coalizione tutta perderebbe una delle proprie risorse di (contraddittoria) identità. La notizia dei «due milioni di disperati» che, dalla Libia, si accingerebbero ad attraversare lo stretto di Sicilia - ovvero uno scenario demografico grossolanamente tradotto in un surreale fatto di cronaca - era già stata diffusa (tale e quale) poco più di un anno fa. Ma, se guardiamo ai dati, la realtà è assai diversa: nel 2003 gli sbarchi di irregolari sulle nostre coste sono diminuiti del 27% (i dati del Ministero degli Interni parlano di circa 14.300 arrivi; e indicano una riduzione, rispetto al 2002, del 39% circa). Prendendo in esame i primi sette mesi del 2004, la tendenza alla riduzione degli sbarchi appare ancora più evidente: se l'afflusso di migranti via mare dovesse attestarsi sui ritmi sin qui registrati, a fine anno potremmo registrare un'ulteriore diminuzione, circa il 37% in meno rispetto al 2003. Viene da chiedersi: è questa la pressione migratoria che dovrebbe tenere in fibrillazione il Paese? Quel che non si dice è che, a sbarcare, sono sempre più palestinesi (+9% in proporzione al totale degli sbarchi), irakeni (+8,3%), eritrei (+3,4%), sudanesi (+6,9%). «Semplici» migranti o profughi politici? Quel che non si dice è che, quest'anno, non si sono registrati incidenti di particolare gravità: e che, sinora, il numero dei morti e dei feriti resta, miracolosamente, contenuto. Ma quanti sono annegati o dispersi in acque confinanti, nel tentativo di raggiungere l'Italia? Quanti sanno che, sulle «carrette del mare», sono sempre più numerose le donne e i bambini? Quanti ricordano che, per tre migranti su quattro, l'Italia è solo terra di transito per altre destinazioni? In altri termini, gli sbarchi di «clandestini» costituiscono una condizione fisiologica e strutturale della nostra epoca, che in Italia, peraltro, si manifesta debolmente rispetto ad altri paesi europei; e che andrebbe governata, non combattuta. L'allarme lanciato sui due milioni di migranti che premono dalla Libia verso il Mediterraneo è, come dicevamo, «vecchio» di un anno; e mai come nell'ultimo periodo, l'immigrazione irregolare ha mostrato una netta tendenza alla riduzione. E mai come quest'anno, la Lega ha cavalcato la paura degli sbarchi, attaccando, ripetutamente proprio il ministro dell'Interno. E ancora: mai come negli ultimi mesi, un governo ha rivendicato i propri successi nel contrasto all'immigrazione irregolare. Se a questo aggiungiamo che c'è chi vuole prenderli a cannonate, questi benedetti immigrati; chi vuole concedere loro il diritto di voto, chi (è notizia di ieri) propone di accogliere non solo i profughi di guerra e gli esiliati politici, ma anche chi fugge da condizioni di fame, carestia, povertà…. Se pensiamo che tutte queste proposte convivono in una sola coalizione, e che questa coalizione oggi ha la responsabilità di governare l'immigrazione in Italia, c'è proprio da mettersi le mani nei capelli.


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