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L'incertezza uccide

articolo - italia - - - L'Unità - Luigi Manconi - A buon diritto - Promemoria per la sinistra

[27/12/02]

Venerdì 13 dicembre, Dino Duchini, detenuto
a san Vittore, si è rivolto al Presidente della
Camera e al ministro della Giustizia, in visita
quel carcere, con le seguenti parole: "Che sia
messa la parola fine al crudele dibattito sull'indulto.
Credeteci: l'incertezza uccide. Non è
una metafora: uccide nel senso letterale del
termine". No, non è affatto una metafora. Lo
dicono i dati: in carcere ci si ammazza diciannove
volte più di quanto ci si ammazza fuori.
- attenzione - il trimestre ottobre-novembre-
dicembre del 2000 è quello che ha registrato
il maggior numero di suicidi in carcere,
sia in termini assoluti sia in termini percentuali
(nonostante l'ulteriore crescita nel corso dei
dodici mesi successivi). Fatte salve l'unicità e
l'indecifrabilità delle motivazioni che determinano
la decisione di togliersi la vita, c'è una
possibile interpretazione di quel particolare
incremento, ed è questa: le speranze alimentate
dalle parole del pontefice e delle gerarchie
ecclesiastiche e il dibattito sviluppatosi in sede
pubblico-politica crearono, due anni fa,
un intenso clima d'attesa. La mancata approvazione
di un "segno di clemenza" ha mortificato
quell'attesa e l'aspettativa delusa si è rivolta
contro chi aveva investito in essa (i detenuti,
appunto), traducendosi in un meccanismo
autodistruttivo.
Resta il fatto che l'autolesionismo, fino
alla sua estrema manifestazione (il togliersi la
vita), fa parte dell'ordinaria "normalità carceraria",
in tutto ilmondo. Al fine di contrastarlo,
in Inghilterra, dove il fenomeno ha conosciuto
recentemente una crescita assai rilevante,
è stata progettata una "campagna shock",
basata sulla convinzione che solo una parte
dei suicidi si deve all'esplicita volontà di togliersi
la vita; altri sono "gesti simbolici", destinati
ad attirare l'attenzione sul proprio stato
e, poi, finiti tragicamente; altri ancora sono
l'esito accidentale di una depressione momentanea.
Da qui un'opera di informazione concentrata,
in primo luogo, su "com'è facile impiccarsi";
e da qui la decisione di affiggere,
all'interno delle prigioni, manifesti che riproducono
le immagini dei detenuti suicidi. Chi,
come me, crede poco nel potere di emulazione
esercitato dalla diffusione di notizie drammatiche
o efferate (per capirsi: "a furia di
guardare gli assassini in tivù i nostri piccini ci
diventano serial killer"), resta tuttavia perplesso
di fronte a questa "pedagogia rovesciata".
Per ridurre il numero di suicidi in carcere, le
strategie possono essere molte e diversificate.
Intanto, si deve partire da un primo dato: in
Italia (ma non diversamente accade in Inghilterra)
il 54.8% dei suicidi si verifica nel corso
dei primi sei mesi di detenzione. Anche il più
insensibile dei forcaioli capirebbe che è quello
il momento di intervenire: e che, dunque, è in
quella fase della reclusione che va concentrato
il maggiore investimento di energie e di
tempo, di strumenti e di risorse, di personale
e di competenze; è lì che bisogna prevedere
una adeguata attività di consulenza e di sostegno
terapeutico. E, invece, la precedente legge
finanziaria è intervenuta pesantemente su
quella voce di spesa, riducendola in misura
significativa, e la prossima si avvia a fare altrettanto.
Scrivere a: abuondiritto@abuondiritto.it


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