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Cucchi e Uva quante analogie

Luigi Manconi

Alle ore 11.10 del 14 giugno 2008 (attenzione alla data), Giuseppe Uva, 43 anni, gruista, muore nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Circolo di Varese. Intorno alle 3 di quella stessa notte Uva e l’amico Alberto Biggiogero erano stati fermati in stato di ebbrezza da una pattuglia dei carabinieri. Portati nella caserma di via Saffi, erano stati separati e Biggiogero, dalla sala di aspetto, aveva potuto ascoltare per ore le grida strazianti dell’amico. Intorno alle 6.00, poi, Uva era stato ricoverato nel pronto soccorso dell’ospedale: da qui, trasferito in psichiatria e sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio e alla somministrazione di farmaci incompatibili con il suo stato etilico. Da qui la morte.

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Le Ipocrisie cattoliche sull’aborto
Luigi Manconi
Lavoro ai fianchi
Umberto Bossi: “No alla famiglia trasversale” (sabato 20 marzo 2010). Siamo sicuri che il leader leghista non volesse dire piuttosto “sesso trasversale”? Ovvero quella roba là che si fa in due, o anche più, a letto (ma pure, che so, in ascensore?) e che prevede che le gambe, le mani, e tutti gli altri arti e organi e sporgenze e rilievi vari, vadano da una parte o dall’altra, e si intreccino e si confondano e si ingarbuglino.

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Comunicato 25 marzo 2010
Ilaria Cucchi e Luigi Manconi:

“Abbiamo molto apprezzato il fatto che un gruppo di autorevoli socialisti (Luigi Covatta e redattori e collaboratori di MondOperaio) abbia chiesto alle due candidate alla presidenza della regione Lazio di cambiare il nome cui è intitolato attualmente l’ospedale Sandro Pertini. La motivazione è limpida e da noi interamente condivisa: Sandro Pertini “non merita che il suo nome venga in qualsiasi modo avvicinato a quello di un ospedale in cui un altro detenuto, Stefano Cucchi, è stato lasciato morire di fame e di sete”. E ancor più abbiamo apprezzato che, della storia di Pertini, si sia voluto ricordare anche la lunga detenzione. Forse, è davvero giusto raccogliere l’indicazione che, in proposito, viene da un quotidiano di opposta posizione politica e culturale, il Secolo d’Italia: intitolare quell’ospedale a una persona che vi ha trovato la morte per responsabilità di coloro che, per competenza professionale e giuramento deontologico, dovevano salvargli la vita. Intitolare l’ospedale a Stefano Cucchi, morto per violenza e omissione di soccorso, non significa porre sotto accusa lo Stato: significa, al contrario, ricordare quella che è la sua prima e fondamentale missione. Ovvero la protezione dell’incolumità di quanti si trovino sotto la sua tutela.”

Ilaria Cucchi sorella di Stefano

Luigi Manconi presidente di A Buon Diritto
 
Cattivi comizianti
Luigi Manconi
Egregio Direttore, sgombriamo subito il campo da un equivoco molesto. Lei e io (pur se diversamente mezzeseghe) abbiamo avuto, un secolo  fa o giù di lì, la responsabilità di quel delicatissimo apparato dell’ organizzazione politica che è il servizio d’ordine. Di conseguenza, sappiamo bene  come “si conta” una piazza. Potremmo, dunque, agevolmente convenire  che alla  manifestazione dell’opposizione (13 marzo)  vi fossero  50-70mila persone, mentre a quella della maggioranza (20 marzo) ve ne fossero 100-120mila. Questo, per noi ben pensanti dovrebbe mettere fine a quella controversia  che tutti definiscono “il balletto delle cifre” (formula tanto stucchevole quanto “la lotteria dei rigori” di Bruno Pizzull ). Detto questo, c’è tutto il resto. Io ho dedicato il pomeriggio di sabato scorso all’ ascolto, via Gr parlamento, dell’ intero comizio di Silvio Berlusconi (mi si dirà: ma non avevi nulla di meglio da fare? No). Sia chiaro: un comizio è un comizio, qui nessuno è schizzinoso, e, tuttavia, dico che quel discorso faceva letteralmente cadere le braccia. Altro che leader carismatico, come vorrebbe qualcuno. Non c’è stato nulla, ma proprio nulla, in quel comizio, del linguaggio del carisma, per come è stato analizzato ormai decenni fa, da Luciano Cavalli. Un comizietto, piuttosto, negli standard  della tradizionale oratoria novecentesca da palco, che faceva venire in mente personaggi di grande dignità della prima repubblica, privi tuttavia dell’appeal del grande leader. (Penso a figure come Adalberto Minucci  o Carlo Donat Cattin). Contribuisce a ciò un curioso limite oratorio di Berlusconi. Fateci attenzione: il premier parla con voce monocorde, ancorché su una tonalità elevata, ignorando completamente la tecnica del crescendo. Mi spiego. Se la frase del discorso è: “la sinistra vuole spiarci tutti quanti”, l’oratoria (da quella classica alla phoné di Carmelo Bene fino al rap) esige il ricorso, appunto, al crescendo, come tecnica musicale costruita sull’ “aumento della tonalità fino al Fortissimo”. Pertanto, quella frase prevede che da  la sinistra fino a  quanti, la voce segua un andamento in salita, inerpicandosi lungo una successione di toni che portano verso l’alto. Berlusconi non usa questa tecnica, bensì -  forse nel timore che la voce possa spezzarsi - pronuncia in maniera monotonale il periodo: la sinistra vuole spiarci tutti, e poi , urla la sola parola finale: QUANTI! L’effetto è francamente un po’ comico: se si considerassero tutte insieme le parole urlate, a conclusione di una frase monotonale, si scoprirebbe che gran parte di esse sono decisamente casuali (come, appunto, quel QUANTI). La modalità berlusconiana ricorda quel singolare richiamo (studiato alcuni decenni fa da Roberto Leydi) dei banditori di piazza e tuttora, per esempio a Roma, di quegli ambulanti che, attraverso un altoparlante, gridano: “Donne è arrivato l’arrotino”. Capiamoci: in ogni caso, si tratta di una oratoria che ottiene straordinari risultati e che, a sinistra, non trova competitori all’altezza. Ma, se dalla dimensione fonica si passa a quella linguistica, il comizio di sabato scorso si rivela davvero deludente, innanzitutto proprio dal punto di vista dell’ispirazione carismatica. Non un orizzonte ideale, non una proiezione mitologica, non una pulsione sentimentale, non una relazione erotica con il popolo. Insomma, nulla che susciti una "devozione all'eccezionale santità del leader” (Max Weber). Non scomodo  Amintore Fanfani, ma penso che anche Adolfo Sarti (andrebbe rivalutato, no?) avrebbe fatto meglio. Ultima considerazione, la più importante. Facciamo finta, per queste righe finali, che io non sia un avversario politico (e dunque non mi  si deve replicare: e allora tu? e allora voi?). Da osservatore resto stupefatto per quel tratto culturale e psicologico che connota l’atteggiamento dei berlusconiani verso Berlusconi. L’adulazione tributata al premier non ha uguale  nella storia politica italiana, dopo l’epilogo delle grandi epopee di Alcide Degasperi  e Palmiro Togliatti. Intendo l’adulazione nei confronti dei leader viventi, dal momento che tutt’altro discorso va fatto per quelli scomparsi, che godono evidentemente di un diverso carisma (dove prevale la componente del mito). La sola eccezione conosciuta nelle democrazie contemporanee è quella rappresentata proprio da Berlusconi,  verso il quale si manifesta una sorta di incontinenza impudica e di sudditanza invereconda. Che si esprime attraverso un linguaggio puerile e devozionale, emotivo e immaturo, proprio della condizione infantile o della dimensione religiosa. Erroneamente si attribuisce un simile atteggiamento a Sandro Bondi, che ne ha fatto più una poetica agiografica che una subalternità gerarchica. I veri adulatori sono altri. Quelli che ricorrono a formule come “il popolo lo ama”, “il Pdl è lui” è un “superuomo” , “è il nostro condottiero” è di “intelligenza superiore”. Si potrebbe dire (volgarmente, lo ammetto): ma è il modello  Kim Il Sung!  Ma qui manca l’epos (pur se tragico) e la favola (pur se nera): resta solo il rito di una liturgia stanca.
il Foglio 23 marzo 2010
Cattivi comizianti
Luigi Manconi
Egregio Direttore, sgombriamo subito il campo da un equivoco molesto. Lei e io (pur se diversamente mezzeseghe) abbiamo avuto, un secolo  fa o giù di lì, la responsabilità di quel delicatissimo apparato dell’ organizzazione politica che è il servizio d’ordine.

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Un altro caso Cucchi
Luigi Manconi
Un altro caso Cucchi, forse peggio del caso Cucchi. Questo è il primo pensiero che viene quando ci si trova a dipanare la vicenda di violenza e di morte di Giuseppe Uva, 43 anni, per quasi tre ore in balia di un gruppo di carabinieri e poliziotti all’interno di una caserma, nella città di Varese.


Resoconto

Luigi Manconi Valentina Calderone
Giuseppe Uva e Alberto Biggiogero vengono fermati in stato di ebbrezza verso le 3 di mattina di sabato 14 giugno 2008 da una volante dei carabinieri, mentre spostano alcune transenne bloccando l’accesso a una strada del centro di Varese. Uno dei due carabinieri all’interno della volante riconosce Uva, lo chiama per nome e inizia a inseguirlo mentre questo tenta la fuga. Alberto Biggiogero cerca di correre in aiuto di Uva, richiamato dalle grida di questo, per impedire al carabiniere di colpire l’amico.


FOTO

 
Gentile Senatore Manconi,
rispondo volentieri alle sue sollecitazioni contenute nell'articolo di venerdì. Innanzitutto i dati. Come da Lei ricordato i termini di legge prescrivono 20 giorni per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno: considerato il trend degli ultimi due anni che ha visto una riduzione di 2/3 dei tempi medi di attesa confermo con decisione la promessa, fatta anche dal collega Maroni, di raggiungere i termini previsti entro la fine della legislatura.

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Carne tremula
Luigi Manconi

Politicamente correttissimo
Nell’atteggiamento della chiesa cattolica a proposito della pedofilia, si coglie un tratto psicologico e culturale che merita attenzione. In sintesi, sembra prevalere la sindrome dell’assedio e una reattività tutta difensiva, che rischia di occultare quello che è il nodo cruciale e dolente dell’intera vicenda.

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Lavoro ai Fianchi è anche un libro

copertina

Il Maestrale, riedizione 2010

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Il permesso non può attendere
Luigi Manconi
Gentile ministro Sacconi,
il suo è il dicastero del lavoro e delle politiche sociali ed è dunque lei il massimo responsabile politico delle strategie di integrazione per gli stranieri presenti nel nostro paese.

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Peccati di carne
Luigi Manconi
Politicamente correttissimo
L’ironia parrocchiale è roba seria ed è una peculiare articolazione della categoria del comico: e risponde a un preciso canone espressivo. In Italia, quell’ironia, ha conosciuto in tempi recenti due scuole principali: l’una di ispirazione curiale, l’altra più “movimentista” derivata dall’esperienza dell’associazionismo e, in particolare, dell’Azione Cattolica.

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Buona Morte
Luigi Manconi
Il fatto: in Inghilterra, il procuratore generale del regno, Keir Starmer, indicando i criteri per decidere se perseguire o prosciogliere chi attivamente aiuti a morire  un paziente, ha affermato che non dovrà essere punito chi agisca per “motivi di compassione”, e non per interesse personale o per sentimenti di ostilità. Quella disposizione ha suscitato la riprovazione di Avvenire. Francesco Ognibene ha scritto un articolo intelligente, che merita di essere discusso con rispetto da chi, come me, la pensa esattamente all’opposto.

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La legge è uguale per tutti - Intervento alla manifestazione del Popolo Viola a Roma il 27 febbraio 2010
Ernesto Maria Ruffini
C’è una ragione precisa per cui siamo qui, oggi. Siamo qui per ricordare la nostra storia e la nostra Costituzione a tutti quelli che pensano di poterla cancellare e di farlo senza che nessuno di noi se ne accorga, senza che nessuno di noi alzi un dito. Noi non ci gireremo dall’altra parte, noi non faremo finta di non vedere o di non sapere. Non lo faremo.

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