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Carceri rischia tutto

Il 90% dei detenuti vive in condizioni infernali. E' la denuncia, con iniziative diverse, di Radicali e Antigone. Il direttore di S. Vittore: «Questo tipo di carcere fa pił danni che risultati»

articolo - italia - - - Il Manifesto - - Carcere

[14/08/03]

Solo pochi giorni fa il ministro della Giustizia Roberto Castelli aveva espresso parole di miele sulla situazione delle carceri italiane. Eppure sono quotidiani gli eventi o le indagini che ricordano all'opinione pubblica che qualcosa, tra le mura degli istituti di pena, non va. Sono stati presentati ieri i risultati di un indagine dei Radicali sulla situazione delle nostre carceri. Secondo questo rapporto sono ben 50.432, l'89% del totale, i detenuti che vivono in condizioni che non rispondono ai parametri stabiliti dallo stesso ministero di via Arenula. Tra questi, circa 21mila sopportano condizioni di vita definite «intollerabili». Vivono «in regola» soltanto 5.971 persone. La situazione critica non dipende quindi solo dal sovraffollamento o dalla mancanza di posti disponibili, che, secondo lo stesso Castelli, ammonta comunque a oltre 14mila unità. Dall'indagine dei Radicali si deduce che solo il 10,6% dei detenuti italiani vive nei 64 istituti (in tutto sono più di 200) in cui le condizioni di affollamento sono regolamentari. Più della metà, il 52% (29.374 detenuti) vive nei 118 istituti in cui le condizioni non sono regolamentari. Il terzo più sfortunato (37,3%, cioè 21.058 detenuti) si trova in 63 carceri le cui condizioni sono intollerabili. I radicali citano il carcere di Caltagirone e Catania piazza Lanza: il primo ha una capienza regolamentare di 50 detenuti e una tollerabile di 100 ma attualmente ospita 223 detenuti. Il secondo ha una capienza regolamentare di 197 detenuti e una tollerabile di 284: ci sono invece 459 persone. La situazione, se possibile, peggiora negli ospedali psichiatrici giudiziari: su 1.427 detenuti totali, ben 1.165, l'81,6%, vivono in condizioni intollerabili e soltanto 98 persone si trovano in un regime regolamentare. Una situazione «infernale», la definisce Sergio Segio, oggi rappresentante del gruppo Abele: «E' semplice e allo stesso tempo doveroso capire in che condizioni si vive, quando in 10 metri quadri ci sono 14 persone - dice Segio - non c'è possibilità alcuna di respirare». Questa realtà, «solo il ministro Castelli oggi non la conosce».

Anche l'associazione Antigone è impegnata in questi giorni estivi, i più difficili per chi vive in carcere, in una serie di visite in tutti gli istituti di pena. I racconti dei volontari sono desolanti. Sempre a Catania, carcere di piazza Lanza, si sta in 8 in una cella, con poca luce e un caldo terrificante. A Verona i materassi sono messi direttamente per terra, perché c'è troppa gente, e a Padova e Vicenza non è possibile fare la doccia tutti i giorni. A Napoli, casa circondariale femminile di Pozzuoli, durante l'ora d'aria nell'assolato cortile di cemento non è possibile portare neanche una bottiglia d'acqua. Il caldo di questi giorni si sente per tutti, ma indubbiamente è andato ad aggravare quei problemi strutturali che affliggono gli istituti di pena: il sovraffollamento, i tagli finanziari che colpiscono la sanità carceraria e le attività di lavoro. «Il caldo si supera», dice don Sandro Spriano, cappellano del carcere di Rebibbia, «quello che spesso non si riesce a superare è la solitudine e il senso d'abbandono».

In Sicilia Antigone ha visitato le carceri di Palermo, Ucciardone e Pagliarelli, quelli di Catania, Piazza Lanza e Bicocca, e il Gazzi di Messina. Ne è emerso che, escludendo la Bicocca (dove tra l'altro ci sono solo detenuti con il 416 bis), e il Pagliarelli, la situazione è disastrosa. Nelle carceri vecchie come l'Ucciardone le celle rimangono chiuse tutto il giorno. Non molto diversa la realtà in Campania. Anche qui, denuncia Antigone, «la situazione è difficilissima sia negli istituti di Pozzuoli, Poggioreale e Secondigliano, sia negli ospedali psichiatrici giudiziari di Sant'Eframo e Aversa».

In un'intervista a Rinascita, il direttore di Milano San Vittore, Luigi Pagano dice che quello che manca è la cultura del recupero: «Basta vedere il numero degli educatori o degli assistenti sociali che avrebbero dovuto essere assunti e che non sono mai arrivati». Secondo Pagano si deve tornare a ragionare di pena: «E' necessario chiedersi se il carcere debba ancora esistere e come debba funzionare. Trovo assurdo utilizzare questa pena, che è costosissima per lo stato, per tutti i tipi di reato. Questo tipo di carcere rischia di fare più danni rispetto ai risultati».


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