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Carcere. Manconi: «Non mi stupisce, la politica del Ministro va in questa direzione»

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[30/08/02] Il senatore dei Verdi, Luigi Manconi, non sembra particolarmente stupito dall'episodio di Poggioreale, a Napoli, dove i familiari di un detenuto morto sono stati avvisati solo tre giorni dopo il decesso. Perché? «Perché tutte le cifre del carcere sono abnormi e questo impedisce un regolare funzionamento di qualunque attività. Poi c'è da dire che l'attività che riguarda la salute presenta un deficit ancora più tragico». Carmine Montescuro sostiene di avere visto suo fratello «con il petto squarciato in una sala mortuaria dove sono arrivato solo per caso» e si chiede se le carceri italiane funzionano davvero così. Le giro la domanda. «No, non posso dire che sia la norma, ma succede molto di frequente. La situazione è differenziata e ci sono amministrazioni di singoli carceri che funzionano meglio e che sono più attenti nel tutelare i diritti addirittura elementari ma non si tratta di un problema di buona volontà. Io ricordo la vicenda di un detenuto tossicodipendente a Regina Coeli che per 48 ore non ricevette alcuna forma di cura e terapia e assistenza nonostante la visita medica avesse evidenziato una condizione di grave malore. Ma questo è uno dei mille casi quotidiani» Per risolvere i quali il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha in serbo un piano da 1000 miliardi basato sull'edilizia carceraria. «La logica di inseguire la crescita del numero dei carcerati non ha mai dato risultati in nessun Paese del mondo perché la vera e irrisolta questione riguarda una domanda radicale: quanti degli attuali reclusi è necessario che tali siano?» E' una domanda retorica. «Sì, ma è un tema che divide anche all'interno del mio schieramento, che su certi punti non è molto più liberale e libertario di Castelli. Dobbiamo ricordare che il 45% dei detenuti è in attesa di giudizio e che poco meno del 30% è costituito da tossicodipendenti i quali dovrebbero stare ovunque tranne che in una cella. Vorrei ricordare, infine, che il numero dei detenuti per reati che non suscitano allarme sociale e che potrebbero essere sanzionati in maniera diversa dalla detenzione in una cella chiusa è elevatissimo» La politica di Castelli va in un'altra direzione: il ministro sostiene che «il regolamento è pensato come se il carcere fosse un grande albergo, con la televisione a colori» e che l'obiettivo deve essere quello di garantire la dignità dei detenuti, non di farli vivere nel lusso». «Solo Castelli può usare il termine televisione a colori come se in Italia ci fosse una produzione di tv in bianco e nero. Solo a Castelli sfugge l'importanza della televisione per detenuti che passano 23 ore su 24 in cella. E' una trivialità che non merita di essere discussa» Proprio perché i detenuti passano 23 ore su 24 in una cella il ministro della Giustizia ha affermato che il lavoro può essere un vaccino importante contro la tendenza a delinquere. «Davvero? Allora perché non destina parte di quei mille miliardi all'applicazione della legge Smuraglia-Manconi (che prevede, tra l'altro, agevolazioni e sgravi fiscali per le imprese che assumano lavoratori detenuti per un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni, ndr)? Finora Castelli non ha fatto nulla, e se il buongiorno i vede dal mattino...» Il ministro, però, sostiene che la maggior parte degli italiani, il 73%, la pensa come lui «Manovrare i sondaggi come manganelli è una pessima abitudine: bisognerebbe indicare i dati scientifici di quel sondaggio. In ogni caso compito di un governante è di svolgere un ruolo di orientamento, non di subalterna sudditanza agli umori che circolano all'interno della società e che vanno certamente capiti ma non blanditi demagogicamente» Un'altra misura proposta da Castelli è quella di abbassare l'età per la punibilità dei reati dei minori, sostenendo che a 16 anni la capacità di delinquere di un adolescente è pari a quella di un adulto «E' un orrore che va contro tutte le ricerche scientifiche che in tutto il mondo analizzano l'età dello sviluppo, le fasi dell'adolescenza e la psicologia giovanile. Non merita commento». In breve lei cosa propone per superare la piaga del sovraffollamento carcerario? «Due strategie: una di depenalizzazione e una di decarcerizzazione. La prima vuol dire che una serie di violazioni che tuttora ricadono sotto la voce reato vanno ricondotte alla loro natura e quindi vanno depenalizzate. La seconda che, dato che il 45-47% dei detenuti è in attesa di giudizio definitivo, la custodia cautelare va esclusivamente applicata come estrema ratio, giusto nei casi in cui un individuo potrebbe reiterare il reato ed è manifestamente pericoloso per gli altri. Negli altri casi la custodia cautelare è solo una pena anticipata ed è quindi immotivata dal punto di vista costituzionale. Si dovrebbero poi ripensare le pene alternative. Fino a 14 anni fa (quando entrò in vigore la legge Gozzini, ndr), l'Italia era uno dei paesi più arretrati nelle pene alternative. La Gozzini ha introdotto forme diverse di esecuzione della pena. Altre leggi sono andate nella stessa direzione. Negli ultimi anni, invece, una raffica di norme successive ha ristretto la possibilità di ricorso alle misure alternative che ha reso queste possibilità arbitrarie e discrezionali. Bisogna smontare quello che un robustissimo luogo comune della mentalità collettiva, ma anche della giurisprudenza e della filosofia del diritto, vede nella reclusione la sola forma di sanzione possibile e addirittura immaginabile. E questo è un grandissimo problema culturale che coinvolge anche i giuristi»


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