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A Roma il rapporto dell’Open Society Institute sui musulmani nel nostro Paese

articolo - italia - - - Il Messaggero - Ezio Pasero - Libertà Religiosa

[12/02/03]

LA verità è che vivere in una società multiculturale e multietnica è una gran faticaccia. «Ma siccome l’immigrazione è un fenomeno non reversibile», dice con elementare realismo il professor Silvio Ferrari, «conviene, invece di abbandonarsi a inutili rimpianti, organizzare il futuro». Il che innanzi tutto significa, per il sociologo Luigi Manconi, presidente di "A buon diritto. Associazione per le libertà", «disinnescare i conflitti potenziali e realizzare una difficile convivenza». Tutto qui, facilissimo a dirsi e difficilissimo da mettere in pratica, il senso della presentazione, ieri a Palazzo Giustiniani, del rapporto dell’Open Society Institute curato dal professor Ferrari sui musulmani in Italia.
Il dossier documenta come quella islamica, pur essendo la comunità di immigrati più numerosa del nostro paese, sia anche quella meno integrata. E come dunque abbia senso nel loro caso parlare di integrazione socio-economica (visto che circa l’80 per cento dei musulmani immigrati gode del diritto di vivere e lavorare secondo le leggi italiane), ma solo di convivenza per quanto riguarda gli aspetti culturali. Sottolineando questo fatto, il presidente del Senato Marcello Pera rammenta che «la nostra Costituzione afferma la piena uguaglianza davanti alla legge di tutte le confessioni religiose e riconosce a ognuno il diritto di professare la propria fede», sulla base dei principi di tolleranza e di laicità dello Stato che garantiscono da un lato la parità dei diritti di ciascuno e dall’altro si pongono come barriera a prevaricazioni violente. Ma bastano questi principi ad affrontare una questione di integrazione culturale tanto complessa? «Presi e applicati alla lettera», sostiene ancora Pera, «essi comportano ad esempio che si debba essere tolleranti verso la poligamia o verso tutte le festività religiose degli immigrati... possono uno Stato, un sistema produttivo, una comunità, tollerare tanta tolleranza?». Ecco dunque l’opportunità di introdurre un terzo principio, quello del rispetto, che secondo il presidente del Senato ci induce a conoscere le posizioni dell’altro e ci impone la discussione e il confronto, e dunque difende l’essenza stessa della tradizione liberale occidentale. Va da sé che, soprattutto dopo i fatti dell’11 settembre 2001, che hanno provato «l’esistenza di una componente, minoritaria ma consistente, all’interno del mondo musulmano, fortemente ostile ai valori dell’Occidente», occorre distinguere tra islam moderato e fanatico, sostenendo il primo e combattendo il secondo.
Anche secondo il professor Silvio Ferrari, principi quali la laicità dello Stato, la libertà religiosa, l’uguale dignità dell’uomo e della donna (e quindi, per esempio, no alla poligamia e no al ripudio) sono parte di quella tradizione culturale europea che è la cornice ineliminabile entro la quale devono armonizzarsi i principi delle altre comunità. Sono invece da negoziare altri aspetti della convivenza, quali la costruzione dei luoghi di culto e di sepoltura, gli ospedali, le mense, gli spazi e i tempi per la preghiera, i programmi di formazione per i docenti destinati a insegnare la religione musulmana nelle scuole.
Costituisce tuttora un problema, da questo punto di vista, la mancanza di un’intesa tra le comunità musulmane e lo Stato italiano, e questa è una delle raccomandazioni che gli autori del rapporto dell’Open Society Institute rivolge al governo e alle istituzioni del nostro paese. Sandro Bondi, portavoce di Forza Italia e relatore del disegno di legge sulla libertà religiosa, una questione che si trascina senza soluzione ormai da 15 anni, annuncia che si voterà finalmente prima dell’estate la norma sulla effettiva parità di tutte le confessioni religiose, che abolirà la legge fascista del ’29 sui "culti annessi". Per giungere però a quella auspicata intesa tra Stato italiano e comunità musulmane, c’è un’ulteriore difficoltà: i musulmani in Italia ancora non riescono a trovare un accordo sulla loro rappresentatività e dunque lo Stato non saprebbe con chi trattare. L’islam è infatti un concetto singolare che indica una realtà plurale, e anche questo è un tema che meriterebbe un convegno.


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