| Leggi razziali, scontro per 350 euroRisarcimenti negati per le discriminazioni del ‘38, il caso ieri alla Corte dei Conti. Interrogazione Ds articolo - italia - - - L'Unità - Maura Gualco - Libertà Religiosa [27/02/03]  ROMA È approdato ieri davanti alle SezioniRiunite della Corte dei Conti uno dei
 capitoli più bui della storia italiana:
 l’espulsione degli ebrei dalla vita sociale
 italiana ad opera delle leggi fasciste promulgate
 nel ‘38.
 E a chiedere che venga riconosciuto
 un risarcimento per quanto patito all’epoca,
 è la signora Nella Padoa che all’età di
 nove anni venne espulsa dalla scuola in
 quanto “ebrea”. Non si tratta di un risarcimento
 generico ma di un assegno di benemerenza
 garantito da una legge del ‘55 e
 che corrisponde a 768mila lire mensili. La
 Commissione di prima istanza (organismo
 composto da funzionari del Ministero
 dell’Economia e da rappresentanti della
 comunità ebraica) le riconobbe il diritto
 all’assegno. Ma il ministero dell’Economia
 fece ricorso contro quella decisione.
 Anche la Corte dei Conti emiliana chiamata
 a rispondere confermò la prima decisione.
 Ma il ministero dell’Economia neanche
 allora volle sganciare quei pochi
 soldi e si appellò alla Corte dei Conti (in
 sede d’appello appunto) che davanti alle
 numerose sentenze contrastanti ha preferito
 rimettere il caso alle Sezioni Riunite.
 Quali le ragioni esposte ieri? «Nel ‘55 venne
 stabilito che gli oppositori del regime
 fascista e gli ebrei che in quel periodo
 furono perseguitati - spiega l’avvocato
 Virgilio Gaito, legale della signora Padoaavessero diritto ad un assegno qualora
 avessero subìto sevizie, atti di violenza, o
 si fossero trovati in altre situazioni. Questa
 parola “violenza” - prosegue l’avvocato
 - fu interpretata due anni fa dalla Corte
 dei Conti a Sezioni Riunite come non
 solo fisica ma anche morale. Alcune corti
 hanno seguito quest’orientamento. Altre
 hanno emesso sentenze opposte, rigettando
 dunque il diritto all’assegno e sostenendo
 che gli ebrei erano stati assoggettati,
 in virtù di leggi statali, a una persecuzione
 generale e non a lesioni individuali.
 E che, inoltre, lo Stato dopo il ‘45 aveva
 emanato leggi che avvantaggiavano gli
 ebrei rispetto agli altri cittadini per le persecuzioni
 patite e quindi non avevano diritto
 ad un ulteriore beneficio». Argomentazioni
 che ieri sono state utilizzate dall’Avvocatura
 dello Stato e che verranno esaminate
 dalla Corte, la quale, dopo tante
 sentenze contraddittorie, dovrà esprimere
 un giudizio finale, che arriverà tra oltre
 un mese. «Mi sto battendo - dice l’avvocato
 Gaito - perché si giunga ad un atto di
 riparazione a una vergogna di cui l’Italia
 si è macchiata».
 In parlamento, intanto, un gruppo
 di deputati diessini, primo firmatario Luciano
 Violante ha presentato un’interrogazione
 urgente al ministro Tremonti per
 sollecitare le provvidenze di legge previste
 per i perseguitati razziali e provvedimenti
 verso chi le ha disattese.
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