L'Islam in Italia
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[04/02/03] “Penso innanzitutto alla legge, ora all´esame del parlamento, che dovrà garantire, allo stesso tempo, libertà di associazione religiosa e singoli statuti pienamente compatibili col nostro ordinamento. E penso anche a provvedimenti specifici che rispondano concretamente ad esigenze proprie dei musulmani (cibi halàl, assistenza religiosa negli ospedali e nelle carceri, aree autonome per la sepoltura, eccetera). In questo modo fugheremo ogni sospetto di discriminazione e toglieremo argomenti ai gruppi estremisti”.
Giuseppe Pisanu, ministro dell’Interno ( da “La Repubblica”, 21.01. 2003).
Alla domanda: “Quanta fiducia prova nei confronti di persone che provengono dai paesi arabi?”, il 32.7% dichiara di provare molta o abbastanza fiducia: si tratta della percentuale più bassa in assoluto a confronto con le risposte relative a immigrati provenienti da altri paesi (da “Avvenire”, 20.03. 2002).
Dopo l’11 settembre 2001, è ancora più forte e urgente l’esigenza di attuare politiche pubbliche capaci di disinnescare i conflitti potenziali e costruire la possibile convivenza con le comunità islamiche presenti nel nostro paese.
In Italia, la condizione di disparità tra religioni rischia di creare problemi già nell’immediato futuro. In particolare, i musulmani – circa 700. 000 persone - vivono difficoltà quotidiane nel cammino dell’integrazione, anche a causa della diffusione, tra i cittadini italiani, di atteggiamenti negativi verso l’Islam. Dunque, il fatto che – sul piano giuridico e normativo - l’Italia si trovi in buona posizione verso l’applicazione della Direttiva UE sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (EU Race Equality Directive), non basta. La legislazione in vigore non viene applicata in maniera soddisfacente per molte ragioni: tra esse, il fatto che le sue norme sono poco conosciute sia dalle comunità di immigrati che dai diversi apparati e funzionari dell’amministrazione. Inoltre, l’assenza di una Intesa – ovvero di un accordo formale tra Stato e comunità islamiche - rende assai difficile la piena espressione della propria identitá religiosa.
Questi sono alcuni degli elementi proposti dal Rapporto sulla situazione dei musulmani in Italia, promosso dall’ Open Society Institute (OSI), che verrà presentato a Roma, martedì 11 febbraio, d’intesa con A Buon Diritto. Associazione per le libertà, presieduta da Luigi Manconi.
Il Rapporto dell’Osi, curato dal Professor Silvio Ferrari, constata che, nonostante l’immigrazione sia necessaria a soddisfare la domanda di manodopera dell’economia italiana, gli immigrati affrontano quotidianamente difficoltà, ostacoli e resistenze. Tra le ragioni di ciò vi sono i pregiudizi sull’Islam, diffusi tra la popolazione e legati, spesso, a stereotipi di origine massmediatica. E va ricordato che rappresentanti politici italiani hanno pubblicamente espresso la convinzione che gli immigrati (quelli musulmani, in particolare) rappresentino una minaccia per l’identità nazionale; siano responsabili – nel loro insieme - di un deterioramento della sicurezza pubblica; non siano integrabili nella società italiana.
Benché l’Italia sia sulla buona strada verso l’applicazione della Direttiva UE sulla parità di trattamento, dati affidabili e completi sulla situazione dei musulmani o di altri gruppi minoritari, non sono attualmente disponibili. Ciò rappresenta un ostacolo significativo all’identificazione dei livelli di esclusione in atto e, quindi, all’applicazione piena delle norme antidiscriminatorie in vigore. Inoltre, la conoscenza della legislazione antidiscriminazione tra gli immigrati appare assai ridotta.
Il Rapporto dell’Osi offre, per la prima volta in Italia, una mappa dettagliata e meticolosa della condizione dei musulmani rispetto all’accesso ad abitazioni, lavoro, istruzione, giustizia, sanità, beni e servizi pubblici.
Il Rapporto invita il governo italiano a fornire maggiori, più assidue e articolate informazioni alle comunità di immigrati sui loro diritti, doveri e responsabilità; e a instaurare un dialogo con le comunità islamiche al fine di sviluppare un contesto adatto ad accogliere la loro cultura e la loro identità religiosa.
Il Rapporto raccomanda l’organizzazione di programmi di istruzione e formazione, allo scopo di fornire a comunità particolarmente vulnerabili conoscenze e strumenti relativi alla possibilità di affermazione dei propri diritti e di ricorso alla giustizia; e chiede di curare, in particolar modo, che i funzionari preposti siano al corrente dei loro obblighi e assicurino un accesso a beni e servizi pubblici uguale per tutti.
Benché costituiscano il secondo gruppo religioso in Italia per numero, le comunità islamiche non dispongono ancora di un accordo giuridico con lo Stato. In assenza di tale accordo, l’esercizio dei loro diritti religiosi é di fatto limitato. La creazione di nuove moschee e istituzioni scolastiche e l’osservanza di feste religiose e altri riti si scontrano con notevoli difficoltà. Inoltre, la stragrande maggioranza dei musulmani che vive in Italia non ha la cittadinanza e, quindi, non partecipa alla vita politica del paese.
Nota per i redattori
Il Rapporto di Monitoraggio della protezione delle minoranze nell’Unione Europea, in due volumi, esamina la situazione di gruppi minoritari vulnerabili in 15 paesi europei. Il primo volume, dedicato ai dieci paesi dell’Europa centrale e orientale candidati all’Unione Europea (UE), valuta le politiche dirette a migliorare le condizioni della minoranza Rom in Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia; e a facilitare l’integrazione delle minoranze russofone in Estonia e Lettonia. Questo volume fa seguito al Rapporto di Monitoraggio sulla protezione delle minoranze 2001, che esaminava il contesto legislativo ed istituzionale di protezione delle minoranze negli stessi dieci paesi dell’Europa Centrale ed Orientale candidati all’UE.
Il secondo volume del rapporto 2002 é dedicato ai cinque maggiori paesi dell’UE ed esamina la situazione dei musulmani in Francia, Italia e Gran Bretagna e della minoranza Rom in Germania e Spagna. Questo volume é stato redatto con l’intento di sottolineare che gli standard europei devono essere applicati e monitorati in maniera eguale in tutta l’Unione Europea e non solo nei paesi candidati.
Il Rapporto di Monitoraggio della protezione delle minoranze é stato prodotto da EUMAP, Il Programma di Monitoraggio dell’Adesione all’UE dell’Open Society Institute (www.eumap.org e www.osi.hu), la cui missione é la promozione di un allargamento dell’UE responsabile e sostenibile. EUMAP monitora questioni legate ai diritti dell’uomo e allo stato di diritto in collaborazione con ONG e gruppi della società civile. In Italia, il rapporto viene presentato d’intesa con A Buon Diritto. Associazione per le libertà.
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