A Buon Diritto - Associazione per le libertàLogo dell'Associazione
Libertà Terapeutica Libertà Religiosa Libertà Personale
libertà terapeutica come espressione della sovranità dell'individuo sul proprio corpo... il diritto di professare liberamente la propria confessione religiosa... la tutela della libertà personale all'interno degli istituti di pena...
Altri Articoli
Links correlati

Tabù, droghe, libertà terapeutica

Dove si parla di diritti violati e di libertà negate

A BUON DIRITTO. Promemoria per la sinistra

articolo - italia - - L'Unità - Luigi Manconi - Libertà Terapeutica

[26/10/02]

Nel settembre del 1995, ricevetti una lettera da una signora di Pieris (Gorizia), figlia di una malata di cancro, che lamentava l’impossibilità di acquistare farmaci a base di derivati della cannabis. Quei farmaci si erano rivelati efficaci nel combattere gli effetti collaterali della chemioterapia e, tuttavia, non risultavano disponibili in Italia. Ne seguì una discussione pubblica assai aspra, nel corso della quale medici e farmacologi assunsero, in genere, posizioni fortemente ostili.

Da allora, la situazione non è migliorata granchè e quei farmaci continuano a non essere disponibili nel nostro paese. E, tuttavia, le risorse della ragione possono, talvolta, intaccare i pregiudizi ideologici. Così, anche all’interno di un articolo dal titolo, come dire?, flemmatico (“Spinello bruciacervello”), pubblicato da un settimanale, la razionalità dei fatti, testardamente, faceva capolino. In quell’articolo, citando i risultati di alcune recenti ricerche, si affermava che il principio della cannabis avrebbe “gli stessi effetti neurologici della cocaina”. Non solo: l’oncologo Dino Amadori definiva “non consigliabile” l’uso terapeutico della marijuana, dal momento che la sostanza non avrebbe effetti superiori alla codeina e provocherebbe - a causa del prolungato impiego richiesto - effetti collaterali come “vertigini, allucinazioni, paranoia, mutamenti dell’umore”. Ma ecco che – quasi di malavoglia – l’intervistato si lasciava sfuggire, tra i denti, la seguente affermazione: “Secondo uno studio compiuto su 1,366 pazienti (…), la marijuana contiene dei componenti che hanno dimostrato una certa efficacia contro la nausea e il vomito causati dalla chemioterapia. Il derivato della cannabis risulta migliore rispetto ad altri farmaci, come il Plasil”.

Ma esattamente qui sta la questione. Qui e solo qui. Non interessa, in questa sede, contestare la tesi sostenuta nell’articolo (la marijuana come la cocaina), opponendole le numerose ricerche che giungono a conclusioni opposte. E, ovviamente, nessuno afferma che la cannabis sia “innocua”: e nemmeno un cretino sostiene che “la marijuana cura il cancro”. Qui è in gioco, piuttosto, la riproduzione di un tabù o il suo superamente. E’ in gioco, cioè, l’idea – scientifica e razionale - che una sostanza stupefacente possa anche “fare bene”. Ovvero possa limitare una sofferenza. Il che significa affidare all’individuo, titolare della sensibilità al dolore e al piacere, la responsabilità di decidere se affrontare i rischi che il ricorso a quella sostanza può comportare (nel caso specifico della cannabis, lo sappiamo, quei rischi sono irrisori).

Nel nostro paese, la terapia del dolore è particolarmente arretrata e la legge in materia di oppioidi, fortissimamente voluta dall’allora ministro della sanità, Umberto Veronesi, continua a incontrare enormi difficoltà burocratiche e ancora più ostinate resistenze culturali (l’Italia è ultima in Europa per consumo di morfina come analgesico).

Nel caso dei derivati della cannabis, la posta in gioco è più circoscritta, ma altrettanto importante, sotto il profilo culturale, oltre che medico: ottenere che si avvii, rapidamente, una sperimentazione sull’uso terapeutico dei derivati della cannabis perlomeno nei due casi dove le evidenze scientifiche ne hanno già dimostrato l’efficacia (effetti collaterali della chemioterapia, appunto, e inappetenza nei malati di Aids); e ottenere, rapidamente, che i farmaci relativi siano introdotti nel prontuario farmaceutico. E’ una “lotta contro il dolore” che ha il senso – profondo e liberatorio - di un conflitto per “la sovranità dell’individuo su di sé”.


Sito gestito da
iworks
Scrivi al webmaster
© 2002 A Buon Diritto
Associazione per le libertà
Via dei Laghi, 12 - 00198, Roma
abuondiritto@abuondiritto.it
Tel. 06.85356796 Fax 06.8414268