Nasce il fronte contro l' accanimento terapeutico
LETTERE AL CORRIERE risponde Paolo Mieli
articolo - italia - - - Corriere della Sera - Paolo Mieli (Corriere della Sera) - Libertą Terapeutica
[07/07/03] Faccio riferimento, caro Mieli, a una risposta che qualche tempo fa lei ha dato a proposito del diritto che dovrebbe avere un paziente di opporsi all' accanimento terapeutico. Proprio perché la vita abbia più valore non possiamo attaccarci convulsamente ad una vita che spesso finisce di non avere più nulla delle caratteristiche che riteniamo, se non fondamentali, almeno prioritarie per definire un essere umano. L' anno scorso ho avuto un piccolissimo segnale di una predisposizione all' ictus. Quello che mi spaventa di più non è morire, anche se amo appassionatamente la vita e cercherò di prolungarla; ma mi spaventa la possibilità di divenire un essere incapace di sentire, di partecipare, di comunicare e forse solo in grado di soffrire, far soffrire ed essere di peso, alla lunga, per quelli cui vorresti essere, se non d' aiuto, di possibilità almeno di scambio affettivo e di pensiero (anche se non sottovaluto che la sofferenza sia una strada possibile di arricchimento per noi e le altre o gli altri). Ma non dimentichiamo di essere anche una specie animale, soggetta a limiti; minori e diversi dalle altre specie, ma non del tutto svincolata da essi...
Maria Luisa Gizzio, Roma
Cara signora Gizzio, desidero chiarire meglio a lettori ignari della complessità di questi problemi che tema della sua lettera non è l'eutanasia, bensì il diritto che - anche secondo me - dovrebbe essere riconosciuto ad ogni essere umano di rifiutare quel tipo di cure che, in caso di malattie all' ultimo stadio, lo terrebbero in vita in stato vegetativo o di gravissima menomazione. Per fortuna sua e mia, grazie all' associazione «A buon diritto» di Luigi Manconi, ai senatori Antonio Del Pennino e Natale Ripamonti che ne hanno fatto oggetto di un disegno di legge, al presidente del Senato Marcello Pera e all' ex presidente del Consiglio Giuliano Amato che ad essa hanno dedicato un convegno (si terrà a Roma, mercoledì pomeriggio in via della Dogana Vecchia 29), grazie altresì a numerosi intellettuali tra cui Cinzia Caporale e Francesco D' Agostino che hanno firmato un appello a favore del «testamento biologico», tale questione potrà presto essere risolta positivamente. Perché si parla di «testamento biologico»? Per il fatto che al cittadino dovrebbe essere concesso di firmare una «dichiarazione di volontà anticipata» per i casi in cui, in condizioni di incapacità di intendere e di volere, volesse e non potesse opporsi all' accanimento terapeutico. Tale rifiuto dovrebbe essere rispettato «anche se dalla mancata effettuazione dei trattamenti stessi», recita il testo illustrativo del disegno di legge, «derivi un pericolo per la salute o per la vita, specificandosi che il medico è esentato da ogni responsabilità conseguente al rispetto della volontà del paziente; volontà che, per questa ragione, si è ritenuto debba risultare da atto scritto firmato da esso stesso, dalla cartella clinica nel caso di ricovero ospedaliero del paziente», ovvero nelle «volontà anticipate» con le formalità previste dalla nuova legge. Le premesse giuridiche per tale passo ci sono tutte. Nella Costituzione all' articolo 32. Nel testo della Convenzione sui diritti umani e la biomedicina approvato dal Consiglio d' Europa nell' aprile 1997. Di più: il nostro Codice di deontologia medica, nella sua ultima versione del 1998, afferma (all' articolo 34) che chi pratica la medicina deve «attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell' indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona... Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso». E una sentenza della Corte d' assise di Firenze (del 18 ottobre 1990), pur negando il «diritto al suicidio», ha stabilito che «la salute non è un bene che possa essere imposto coattivamente al soggetto interessato dal volere o, peggio, dall' arbitrio altrui, trattando di una scelta che... riguarda la qualità della vita e che pertanto lui e lui solo può legittimamente fare». Come vede, cara signora Gizzio, le premesse perché venga riconosciuto quel diritto ci sono tutte. Ma vedrà che occorrerà premere sul Parlamento perché quel disegno si trasformi rapidamente in legge.
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