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[04/09/02]

Convivere nella pace è diritto e dovere di ogni uomo. Dopo l'11 settembre, è ancora possibile? E' possibile che etnie, religioni e culture diverse possano pacificamente conoscersi e incontrarsi nel grande mondo lacerato da molte guerre, alcune delle quali dette impropriamente "di religione", così come nel piccolo mondo di un'Italia che si scopre abitata da più comunità e da più confessioni?

Noi crediamo che sia possibile. Certo, convivere nel reciproco rispetto comporta fatica, può determinare tensioni, richiede pazienza e intelligenza. Ma può anche produrre ricchezza: materiale e spirituale. Partiamo da un dato: l'Italia non è più, se mai lo è stata davvero, una società monoculturale e monoreligiosa. Oggi, una parte significativa di quanti sono presenti nel suo territorio proviene da altri paesi, da altre tradizioni, da altri sistemi di valori. Oggi, una parte degli stessi cittadini italiani professa una religione diversa da quella di maggioranza; e si sviluppano, accanto alle confessioni e alle comunità tradizionali (cattolici, ebrei, evangelici), nuove confessioni e nuove comunità: dai buddisti agli induisti. E ai musulmani, appunto. Questi ultimi sono, nel nostro paese, oltre mezzo milione, tra italiani e stranieri. E questo sollecita una domanda: è possibile arrivare, in tempi non lunghi, alla firma di un patto giuridico - una intesa - tra lo Stato italiano e le comunità islamiche? Un'intesa: ovvero un accordo - in un contesto di norme generali sulla libertà religiosa - per disciplinare l'esercizio delle attività di culto e di organizzazione della religione musulmana. Ma proprio adesso? Sì, proprio adesso.

Dopo l'11 settembre, la "questione islamica" in Occidente richiede più, e non meno, intelligenza e coraggio. Dunque, per quanti ritengono che tale questione non debba essere affidata principalmente agli strumenti della repressione - validi solo per chi viola le leggi - la strategia più equa, ma anche la più produttiva, è quella dell'accoglienza e della condivisione di diritti e doveri. All'interno di tale strategia, è possibile arrivare alla firma di un'intesa tra lo Stato italiano e le comunità islamiche. Lo sappiamo: è faticoso e complicato, anche sotto il profilo giuridico, ma è necessario. Per ragioni sociali. Fino a quando, infatti, i musulmani saranno - e, ancor più, appariranno - una folla anonima e sconosciuta, il rapporto con essi sarà dominato dalla reciproca diffidenza, se non dall'aperta ostilità, come davanti a una minaccia. Accogliere i musulmani all'interno di un sistema di rapporti e di vincoli, di doveri e di diritti - e, tra essi, sono decisivi quelli correlati alla libertà di culto - rappresenta un'importante risorsa di "pacificazione". Per ragioni culturali e religiose. Perché la religione - che pure è stata, e talvolta ancora è, motivo di contesa e di lacerazione - può rappresentare, tuttavia, una ragione d'incontro fecondo, di reciproca conoscenza, di mutua valorizzazione. Perché la religione può costituire uno spazio di relazione e di scambio tra quanti, con linguaggi diversi e forme differenti, si interrogano su Dio. Oscar Luigi Scalfaro, Susanna Agnelli, Giulio Andreotti, Luigi Manconi, Fiorello Provera, Andrea Riccardi

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