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Dal 5 maggio in libreria

 

Quando_hanno_aperto_la_cella1

 
Corte di Giustizia Europea
Contro l'arresto degli irregolari
Luigi Manconi   Ernesto Maria Ruffini

Dall’8 agosto 2009 lo straniero che entri in Italia senza un regolare permesso di soggiorno è reo di immigrazione clandestina. Così, da quel giorno, il nostro ordinamento punisce la stessa condizione soggettiva dello straniero irregolare, a prescindere dal fatto che abbia commesso un reato. Si sanziona, cioè, il suo stato esistenziale e non comportamenti che abbiano arrecato danno a terzi. Si introduce, con ciò, una norma di stampo ottocentesco, quale quelle che colpivano non il crimine ma il soggetto percepito come pericoloso (sovversivo, vagabondo, marginale, povero…).

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Diritto di vivere Diritto di morire
Adriano Sofri
la Repubblica 28 aprile 2011

Ci sono incipit memorabili, come questo nei titoli d'agenzia di ieri: «Il Parlamento accelera sul fine vita». Svelti, si muore. Cioè, si vota. In realtà era un falso movimento, la simulazione di un'inversione dell'ordine del giorno fra la borsa e la vita: ma la
borsa -il «Documento di economia e finanza»- conserva la precedenza, e la vita può aspettare, fino a maggio inoltrato almeno. Votare di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio, ma questi ce l'hanno. Ieri, per stare al gioco, Berlusconi ha inoltrato una lettera aperta ai suoi deputati. Chiunque gliel'abbia scritta, ha fatto inmodo che trasparisse il carattere apocrifo del testo.

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Politicamente correttissimo
La voluttà di servaggio alla corte di un barzellettiere ce non fa ridere
Luigi Manconi
Il canone linguistico al quale rimanda la barzelletta come genere letterario e formula narrativa, sembra oggi quello maggiormente adeguato a raccontare le gesta (ascesa e declino) di Silvio Berlusconi. Dopo una fase lunga ormai oltre tre lustri, l’epos berlusconiano non trova quelle modalità espressive alle quali ambirebbe, ma si riduce a macchietta e, nel migliore dei casi, a bozzettismo. A scanso di equivoci, va detto che qui si coltiva il genere della barzelletta con intensa passione adolescenziale, fino a rivendicare – nei momenti di euforia- una certa autorevolezza critica in materia e, in ogni caso, una robusta competenza. Qui si è letto e riletto  il freudiano “Motto di spirito” e si conosce  tutto  dei contenuti inconsci delle immagini espresse verbalmente, ma soprattutto si ama la risata forte e, all’ occasione, sgangherata. Ma qui si sa anche che la barzelletta, quando non è la fuga surrealista dalla malinconia patologica (“guarda quell’uomo, secondo te è felice?”: “no, Felice è un po’ più alto”), è vertigine dell’ ordinario e serialità dell’ ovvio. E non è forse questo, oggi, l’ universo linguistico nel quale parla e del quale parla Berlusconi, e dove si consuma la sua parabola mitico-letteraria? Il fatto che mai come a proposito dell’ attuale premier si è così tanto parlato di barzellette nel discorso pubblico - con una risata sullo sfondo che si fa rictus-non è forse una conferma di tutto ciò? Fa impressione che tutti, ma proprio tutti, gli esponenti della maggioranza trattino, garruli, l’ argomento con posizioni che vanno da quella più ottusamente puerile (“che uomo brillante e che storielle spiritose …”) a quella più mediocremente complice (“mia suocera è arrossita per le sue battute” : questa è Mariastella Gelmini, ovviamente). L’ unica che finora si è sottratta a tanto conformismo è Stefania Craxi, in una intervista ad “A”. Subito, gli zelanti apologeti si sono affrettati a ridimensionare la portata di quelle dichiarazioni, spiegandoci che la Craxi parlava in quanto “amica di famiglia”, che non intendeva in alcun modo “cambiare schieramento politico”e che riconosceva “i grandi meriti di Berlusconi”. Certamente: ma proprio questo rende ancora più significativa la sua intervista, che intanto attribuisce –ancora- a quella “sindrome di Pierino” un ruolo assai importante: Berlusconi “deve smetterla di raccontare barzellette oscene: non gli fanno onore e non fanno ridere”. È probabile che, delle parole impietose e addolorate della Craxi, ciò che Berlusconi mai potrà perdonare è proprio quel “non fanno ridere”. È, come si è cercato di dire, un intero sistema culturale che viene messo in discussione e intaccato dalle fondamenta. Quelle barzellette non fanno ridire nessuno! Ma come è potuto accadere, invece, che tutti abbiano riso (e molti a crepapelle)? Qui il discorso della Craxi -e proprio perché fatto dall’interno della comunità berlusconiana, dove peraltro  si intende rimanere- evidenzia un’ altra questione. Una questione tanto rilevante  quanto totalmente taciuta. È il tema della Cortigianeria nei sistemi politici liberali. Tanto più pertinente, quel tema, perché il ridere delle battute del Capo (“com’è spiritoso”) rappresenta una delle  forme più gratificanti di omaggio alla sua autorità. Si tratta di un discorso serissimo. La Cortigianeria non è semplicemente una debolezza umana, un tratto di fragilità caratteriale e di opportunismo morale: è, piuttosto, una forma di scambio sociale e di legame politico subalterno. E  come si spiega il ricorso alla cortigianeria nei regimi democratici  e nelle relazioni tra leader e gruppi dirigenti? Anche sotto questo profilo, il berlusconismo rappresenta una novità. Nell’ Italia repubblicana, quando pure si sviluppavano forme di culto del capo, queste riguardavano le relazioni tra il leader e le masse (qualcosa del genere è accaduto con Palmiro Togliatti): ma all’ interno dell’ organizzazione  di partito, anche quando la leadership era particolarmente forte, si manifestava la critica, si organizzava il dissenso, emergeva l’ ostilità. E, ancor più, si coltivava il sarcasmo, lo sberleffo, talvolta il dileggio. Nulla di tutto ciò avviene nei confronti di Berlusconi, nemmeno (tantomeno) nel momento di sua massima crisi: il gruppo dirigente stretto intorno a lui pratica l’ adulazione, intona servi encomi, tributa omaggi imbarazzanti. Una sorta di voluttà del servaggio che accomuna ex forzisti ed ex radicali, ex socialisti ed ex missini. Fosse il segno di una tenace fedeltà alle idee, tanto di cappello. Ma ricordate la barzelletta del ginecologo, dell’ opossum e del cappello …?
il Foglio 27 aprile 2011
Politicamente correttissimo
La voluttà di servaggio alla corte di un barzellettiere che non fa ridere
Luigi Manconi
Il canone linguistico al quale rimanda la barzelletta come genere letterario e formula narrativa, sembra oggi quello maggiormente adeguato a raccontare le gesta (ascesa e declino) di Silvio Berlusconi.

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Gli OPG rappresentano un vero e proprio oltraggio alla coscienza civile del nostro Paese, per le condizioni aberranti in cui versano 1.500 nostri concittadini, 350 dei quali potrebbero uscirne fin da ora. http://www.abuondiritto.it/upload/files/stopopgappello.pdf
PIATTAFORMA http://www.abuondiritto.it/upload/files/stopopgpiattaforma.pdf
STOP OPG

 

 
uigi Manconi presidente di A Buon Diritto ha indirizzato una lettera a Sua Eminenza Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo e all'abate benedettino Edmund Power, responsabili della basilica di San Paolo fuori le mura:
“Nel pomeriggio del Venerdì Santo, un centinaio di persone, tra uomini donne e bambini, ha cercato ospitalità all'interno della basilica di San Paolo fuori le mura. Come accadeva in tempi assai più bui e cupi di quelli attuali, chi non trova soccorso e riparo altrove, nei luoghi della società civile e nelle istituzioni pubbliche, si rifugia nelle chiese. È già accaduto in questi anni e pensiamo che ancora accadrà. A Roma la situazione dei rom e dei sinti è particolarmente drammatica: 70 sgomberi solo nell'ultimo mese e seicento persone lasciate per strada. Alloggi precari e provvisori vengono semplicemente distrutti e a chi vi si trovava non viene offerta alcuna alternativa, se non quella di disperdere i gruppi familiari in tanti e diversi agglomerati: si creano così insediamenti ancora più pericolosi di quelli che sono stati abbattuti. La politica pubblica per i rom e i sinti a Roma si limita a un'azione di sgomberi e di espulsioni. Chi, come la Comunità di Sant'Egidio denuncia una simile situazione, viene messo a tacere. La basilica di San Paolo fuori le mura è un luogo sacro, che dipende direttamente dal Vaticano, nel cui ordinamento giuridico rientra. Confidiamo nel senso di umanità e nella carità cristiana del Cardinale Cordero e dell'abate Power, responsabili della basilica, affinché quelle famiglie siano ospitate e tutelate e affinché si operi per una soluzione positiva. Ciò richiede una sollecitazione autorevole alle amministrazioni pubbliche del nostro stato cosicché Roma resti una città accogliente e ospitale”.
23 aprile 2011
Luigi Manconi presidente di A Buon Diritto ha indirizzato una lettera a Sua Eminenza Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo e all'abate benedettino Edmund Power, responsabili della basilica di San Paolo fuori le mura:
“Nel pomeriggio del Venerdì Santo, un centinaio di persone, tra uomini donne e bambini, ha cercato ospitalità all'interno della basilica di San Paolo fuori le mura.

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La lunga notte dei mille
Paolo Brogi
In libreria dal 7 maggio 2011
http://www.abuondiritto.it/upload/files/ROMANZODEIMILLE.pdf
 
Tedesco in carcere? Ecco i frutti del berlusconismo
Lavoro ai fianchi
Luigi Manconi
La battuta di Giorgio Gaber ( ma la paternità è controversa ) sarà pure abusata ma resta felicissima: “non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me”.

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Il Governo tratta i migranti come Tokio tratta Fukushima, senza pathos

Luigi Manconi

Alcune sere fa, nel corso di “Qui Radio Londra”, Giuliano Ferrara ha commentato la tragedia avvenuta appena qualche ora prima e la morte in mare di  circa 250 persone.

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Il fallimento di Maroni
Luigi Manconi
Il governo Berlusconi-Maroni, il più isolazionista e autoreferenziale, sospettoso e refrattario verso ogni politica comunitaria, ritrovatosi in braghe di tela, scopre infine una sgangherata vocazione europeista. Una sorta di sciovinismo pedemontano nutrito di umori alla Oktoberfest, vorrebbe darsi una ripulita con una gita a Bruxelles.
Ma quella tardiva pulsione europeista appare tanto insincera quanto abborracciata: così come il ricorso a quel permesso di protezione temporanea previsto dalla legge italiana, pure utile, si rivela un espediente piccino. E così risulta in particolare agli occhi dei riottosi partner europei. Perché questo è il punto: quel provvedimento avrebbe dovuto far parte di una strategia condivisa, e da tempo elaborata e avviata, e non ridursi a un escamotage, buono (buono?) per levare le castagne dal fuoco all’ultimo momento. Ne consegue che oggi sarebbe quanto mai necessaria l’applicazione della direttiva europea 55/2001 sulla tutela umanitaria internazionale, che prevede  un programma di distribuzione dei profughi in tutti i Paesi dell’Unione, come da tempo richiedono Emma Bonino e i Radicali. Quella direttiva dovrebbe essere portata dalla Commissione europea al Consiglio dei ministri dell’Interno dell’Unione. Finora colpevolmente non è stato fatto: ma quale credibilità può avere oggi il governo Berlusconi-Maroni nel chiedere che finalmente quella direttiva sia attivata? Da qui non si scappa. Dopo tre ani di questo governo, emerge impietosamente una verità: l’esecutivo non ha uno straccio di programma per migranti e profughi. Il Pdl non si è nemmeno curato di elaborarne uno; la Lega si è affidata a due opzioni. La prima (“aiutiamoli a casa loro”) si è rivelata mera evocazione ideologica, nel momento in cui si certifica che l’Italia è saldamente all’ultimo posto nel fornire aiuti allo sviluppo; la seconda, interamente basata sull’uso della forza, era destinata fatalmente a mostrare la propria impotenza. Quale idea della politica e quale intelligenza del mondo possono far credere al ceto dirigente leghista, tutto concentrato sul presidio di una “identità inventata” e, allo stesso tempo sulle pratiche di sottogoverno, che un sommovimento planetario come quello che produce le migrazioni sia controllabile con le motovedette della finanza? E con il reato di clandestinità? E con i Centri di Identificazione ed Espulsione? Perché, al di là delle trivialità xenofobe e delle dozzinali analisi geopolitiche, la Lega rivela il buco nero della totale incapacità del centro destra di elaborare una politica per l’immigrazione. E, infatti, la nuova visita di Silvio Berlusconi a Lampedusa, più che offensiva, appare risibile. Un’altra consunta gag di un vecchio entertainer, che ricorre a un copione frusto mentre il teatro viene colpito dalle bombe. Ma negli attori del grande cabaret tedesco tra le due guerre e persino nelle compagnie del varietà romano e napoletano degli anni ’40 si avvertiva la consapevolezza della tragedia annunciata. Qui, solo futilità e ammuina.  Non dico che non funzioni nell’immediato (è forte in tutti “il bisogno di consolazione” e di ammuina). Ma dall’entrata in vigore del permesso temporaneo (mercoledì scorso) a oggi nell’isola sono sbarcati oltre un migliaio di fuggiaschi. Diventa urgente, pertanto, porre mano, da subito, a una seria politica per l’immigrazione che – mentre provvede all’emergenza – programma il futuro. Da un rapporto del ministero del Lavoro si apprende che il nostro sistema economico avrà bisogno di 100mila lavoratori stranieri all’anno, oltre quelli già regolarmente residenti, per il prossimo quindicennio. Dunque, è concreta, concretissima, la possibilità di fare incontrare offerta e domanda di lavoro, in particolare in una società, come quella italiana, in via di progressivo invecchiamento. Certo, qui dovrebbe soccorrere la politica. Mentre il Fora di ball di Umberto Bossi, più che trucido, risulta pateticamente autolesionistico.
l'Unità 10 aprile 2011
Il fallimento di Maroni
Luigi Manconi
Il governo Berlusconi-Maroni, il più isolazionista e autoreferenziale, sospettoso e refrattario verso ogni politica comunitaria, ritrovatosi in braghe di tela, scopre infine una sgangherata vocazione europeista. Una sorta di sciovinismo pedemontano nutrito di umori alla Oktoberfest, vorrebbe darsi una ripulita con una gita a Bruxelles.

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E li chiamano clandestini
L'Unità 8 aprile 2011
Luigi Manconi
“Sono una riga nel mare fantasma nella città/ la mia vita è proibita, dicono le autorità,/ giro solo con la mia pena, la mia condanna va da sola,/fuggire è il mio destino,perché non ho documenti/ perso nel cuore della grande Babylon”.

Manu Chao, Clandestino, 2000

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foto_ingresso

E' solo uno scherzo di pessimo gusto?

Italia-razzismo
“Vietato l’ingresso agli animali ed agli immigrati. La direzione” . Ecco cosa recitava un cartello affisso sulla porta di ingresso di un bar nel quartiere romano Montesacro. A denunciare il fatto è Abdul Bouja, un frequentatore di quel bar, di origine marocchina e da anni residente regolarmente in Italia. Inorridito da quella scritta decide di chiedere spiegazioni al barista, violando il divieto di ingresso senza, per fortuna, incorrere in conseguenze negative. La risposta rimanda alle preoccupazioni del titolare del bar (“la direzione”) che, in passato, ha avuto problemi con alcuni stranieri che si erano ubriacati all’interno del locale provocando delle risse. Il signor Bouja ha affidato la denuncia del fatto al suo avvocato, Giacinto Canzona, che sta valutando la possibilità di un’azione legale nei confronti del proprietario del bar poiché ritiene che quel cartello sia “altamente discriminatorio per sé e per tutti quelli stranieri che hanno un regolare permesso di soggiorno e che con il loro lavoro contribuiscono alla ricchezza nazionale”.

8 aprile 2011