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Politicamente correttissimo
Non solo Marinella
Luigi Manconi
1. “Ad Arcore solo feste eleganti” (Silvio Berlusconi).  E pensare che  chi è stato considerato, per decenni,  l’ arbiter elegantiarum,  (Gianni Agnelli) portava non solo l’orologio sopra il polsino –voglio sperare  per ragioni dermatologiche- ma addirittura la cravatta sopra il gilet. E so, per esperienza diretta, quanto possa essere deprimente trovarsi in un’ aula parlamentare, circondato da decine di uomini che indossano abiti color antracite e cravatte Hermès o Marinella (e di entrambe le marche, non saprei dire se siano più sconfortanti le versioni originali o quelle taroccate). Ma, al di là della dimensione dell’ abbigliamento  è certo che l’ eleganza   è una delle categorie estetico-morali più difficili da definire e più scivolose da manovrare. Tanto più se  la si considera in negativo. Ad esempio, cosa c’è di più inelegante dell’ indicare Alessandro Sallusti e Daniela Santanchè come “Olindo e Rosa” (Testo numero 1)?. Eppure, quest’ultima è la battuta (autore Vittorio Feltri, credo) che più mi ha fatto ridere nelle ultime settimane. Ma ciò non mi impedisce di considerarla ferocemente triviale (  la trivialità, com’ è noto, può essere straordinariamente spassosa). Altri recenti e irragiungibili esempi  di volgarità sono stati: quel  “Ilda Boccassini è la metastasi”  di Daniela Santanchè  (Testo numero2) ;  e il titolo del Giornale del  14 maggio : “se i figli delle vittime difendono i carnefici: Tobagi Alessandrini e Rossa stanno con Pisapia amico dei terroristi che uccisero i loro genitori”    (Testo numero3). Quei tre Testi sono  tutti analogamente efferati e, tuttavia, balza agli occhi una differenza. Il primo, quello su “Olindo e Rosa”, crudele verso i destinatari,  viene come riscattato dalla sua stessa tonalità paradossale.  E, invece, l’ equazione  tra una neoplasia e un essere umano non richiama quella dimensione del grottesco, dell’ eccesso caricaturale, della deformazione parossistica, che il riferimento alla “coppia diabolica”  di Erba comunque evoca. Olindo e Rosa sono due maschere tragiche che, se citate fuori dal  contesto originario, risultano crudelmente comiche: mentre  l’ identificare un magistrato con un tumore corrisponde a una procedura nichilista di reificazione. La volgarità del primo Testo trova una qualche forma di eleganza nella risata liberatoria che suscita (pur se non, immagino, nei destinatari di quella definizione);  la riduzione della Boccassini a una patologia terminale determina solo disgusto. Non diversamente il terzo Testo: i termini qui utilizzati sono  talmente cruenti, sanguinari, feroci  da indurre, più che a guardare il Male per combatterlo, a voltare la testa dall’ altra parte . E’  la stessa sensazione che si prova osservando  Beppe Grillo (Annozero di qualche settimana fa) mentre –sudato, congestionato, irrorante lo schermo di saliva e disprezzo- urlava con voce strozzata: “sono tutti uguali, mangiano tutti la stessa zuppa”. Nulla di comico né, tantomeno, di intelligente. Solo la rabbia del privilegiato e il trash demagogico del borghese incolto ( = che odia la cultura). So benissimo che la materia è sommamente opinabile e che molto pesano i gusti personali, ma ci dovrà pur essere un criterio. Secondo Giuliano Ferrara, ad esempio, il massimo della volgarità consisterebbe nel  “tentativo di mettere insieme il banchiere che ha preso una cinquantina di milioni di liquidazione e i centri sociali che vogliono prendersi la città” (Il Giornale, 14 maggio). Ma questa finchè regge è la perfetta ricetta del buon governo. La volgarità, piuttosto, sarebbe quella di  far credere che “banchiere” e “leoncavallini” abbiano gli stessi obiettivi e si ispirino al medesimo sistema di valori. Che è, invece,  la  distopia  (una volta sostituiti “banchiere” e “leoncavallini” con altri soggetti)  inseguita da Berlusconi. Quest’ ultimo punta alla sintesi -ovvero al massimo di volgarità sociale: all’ organicismo del “popolo”- mentre Pisapia lavora per la convivenza. Per  la politica, cioè.
2. Arma letale. Pare che il colpo a sorpresa e la mossa decisiva per far vincere Letizia Moratti sia l’ annuncio che, nella sua giunta, entrerebbero “ i vip”. E, tra essi, Ignazio La Russa. In effetti l’ idea appare geniale. Se io fossi un elettore milanese, magari perplesso per quei  manifesti (via le Br dalla procura), infastidito da quell’ accusa  della Moratti a Pisapia, dubbioso sulle capacità amministrative dell’ attuale sindaco: ecco, se io fossi uno così, disposto a votare per il centrodestra ma inquieto per certe sue manifestazioni  illiberali, e se, pertanto, ancora esitassi; e se, infine, pensassi che forse è ora di voltare pagina e che la giunta Moratti di danni ne ha fatti  già abbastanza:  insomma, se io mi trovassi in una simile situazione, quale sarebbe la ragione che –travolgendo dubbi e incertezze-  potrebbe indurmi a votare per la Moratti? Altro che l’ annullamento delle multe e l’ azzeramento dell’ ecopass. Quel che ci vuole è proprio un Ignazio La Russa assessore. Oppure, perché no?, come successore di Dionigi Tettamanzi ( vuoi mettere con Angelo Scola, che sarà pure di comunione e liberazione, ma sta sempre lì, a ciacolare con i musulmani e col feroce Saladino?).
il Foglio 24 maggio 2011
Politicamente correttissimo
Non solo Marinella
Luigi Manconi
1. “Ad Arcore solo feste eleganti” (Silvio Berlusconi).  E pensare che  chi è stato considerato, per decenni,  l’ arbiter elegantiarum,  (Gianni Agnelli) portava non solo l’orologio sopra il polsino –voglio sperare  per ragioni dermatologiche- ma addirittura la cravatta sopra il gilet.

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Se antisemitismo fa rima con islamofobia
Luigi Manconi Tobia Zevi
Corriere della Sera 24 maggio 2011
La provvisoria vittoria dell’America di Obama su Al Qaeda, celebrata nell’immenso cantiere di Ground zero, non può cancellare i molti detriti di quella tragedia tuttora presenti nelle società occidentali. Anche sotto la forma antica dell’ansia da complotto e del sospetto verso i possibili autori. A partire dalla fobia antisemita: gli ebrei si sarebbero tenuti lontani dalle Torri gemelle in quel fatidico undici settembre, perché informati dell’attacco, se non coinvolti in esso. Da quel giorno, poi, l’islamofobia si è nutrita della minaccia del terrorismo, della confusione tra straniero e musulmano, della presunta inadattabilità (meglio: inconciliabilità) dell’Islam rispetto ai costumi occidentali. Quella data fornisce dunque una suggestione importante: anti-semitismo e anti-islamismo, diversi per storia e contenuto, hanno molti punti di contatto. Un sentimento che ha attraversato tragicamente la storia europea e un’ostilità che negli ultimi anni ha preso quota con particolare veemenza e capacità di diffusione. Secondo una ricerca recente, commissionata dal comitato torinese «Passatopresente» (discussa, lunedì 16 maggio alla Camera dei Deputati, tra gli altri Gianfranco Fini e Adriano Prosperi), la sovrapposizione tra i due fenomeni all’interno della società italiana risulta tanto intensa da apparire sorprendente. Sono le stesse persone a provare avversione, più o meno accentuata, verso ebrei e musulmani, una maggioranza di intervistati che si riconosce in alcuni connotati specifici (etnocentrismo, autoritarismo, sfiducia). L’islamofobia sembra oggi più capillare e radicata dell’antisemitismo, sempre più concentrato su Israele e sul conflitto israelo-palestinese che non sugli stereotipi classici dell’antigiudaismo europeo e cristiano. Le due pulsioni sono trasversali agli orientamenti politici: anche a sinistra è fortissima la diffidenza nei confronti dei musulmani, mentre a destra non manca una fetta consistente che si dichiara favorevole allo stato d’Israele, ma che rivela tracce preoccupanti di antisemitismo.
Si evidenziano, inoltre, alcuni meccanismi comuni. Sia l’Islam sia l’ebraismo godono di una simpatia maggiore rispetto ai singoli membri delle due comunità, il che contraddice l’ipotesi ottimista per la quale il pregiudizio va sradicato moltiplicando le occasioni di incontro. Non sempre è così. Peraltro, la parte più consistente del campione intervistato è persino favorevole alla costruzione delle moschee, bersaglio di molta agitazione xenofoba. La maggioranza degli italiani ritiene che le due tradizioni siano state importanti nella costruzione dell’identità europea, ma crede che i due gruppi siano tendenzialmente chiusi (pertanto disponibili al complotto) e conservatori, poco affidabili sul piano della lealtà nazionale, sfruttatori della loro condizione di vittime, e ne teme la dimensione non stanziale.
Tutto ciò induce a una breve considerazione politica. La destra, che tende a blandire l’ostilità nei confronti di stranieri e musulmani, si trova oggi a dover “sorvegliare” un sentimento talmente diffuso da rivelarsi non più solamente incivile, ma addirittura pericoloso, nel momento in cui l’afflusso straordinario di persone dal Nord Africa deve essere comunque gestito. Ma anche la sinistra deve fare i conti con quel fenomeno: sebbene l’insieme degli elettori la consideri meno affidabile nell’affrontare il tema dell’immigrazione, la maggioranza di chi sceglie quella parte politica coltiva un pregiudizio radicato nei confronti dei musulmani (e, per altro verso, di Israele). Un bel grattacapo per tutti.
Se antisemitismo fa rima con islamofobia
Luigi Manconi Tobia Zevi
Corriere della Sera 24 maggio 2011
La provvisoria vittoria dell’America di Obama su Al Qaeda, celebrata nell’immenso cantiere di Ground zero, non può cancellare i molti detriti di quella tragedia tuttora presenti nelle società occidentali. Anche sotto la forma antica dell’ansia da complotto e del sospetto verso i possibili autori.

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“Quando hanno aperto la cella”, uomini e diritti uccisi dentro quelle carceri
Sonia Oranges intervista Luigi Manconi
Un’opera narrativa, un libro politico, una successione di storie di vita, dolore e morte di chi ha perso prima la libertà e poi la vita. Paradigmatici i casi di Cucchi, Mastrogiovanni, Aldrovandi, Pinelli, Uva. Un saggio per chiedere allo Stato di garantire l’incolumità dei suoi cittadini. Sembra la Spoon river di chi ha perso prima la libertà e poi la vita. Carceri, manicomi giudiziari, centri d’identificazione ed espulsione: in Quando hanno aperto la cella. Stefano Cucchi e gli altri (edito dal Saggiatore con prefazione di Gustavo Zagrebel - sky), il sociologo Luigi Manconi (che presiede l’associazione A Buon Diritto) e la ricercatrice Valentina Calderone raccontano la storia (e lo stato) della democrazia italiana attraverso storie e luoghi di privazione della libertà, da Giuseppe Pinelli a Stefano Cucchi.

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Quando hanno aperto la cella
Rosy Bindi
Ho letto d'un fiato,  e con grande emozione, questo importate libro di Luigi Manconi e Valentina Calderone.  
A cominciare dal titolo, tratto da quella struggente ballata di De André che nella nostra adolescenza ci introdusse di colpo -  e quasi a tradimento, attraverso la musica – alla condizione annichilente del carcere, ogni pagina del libro, ogni ritratto umano, ogni racconto di morte dovuta a incuria, indifferenza o prepotenza all'interno di istituzioni chiuse, scuotono la nostra coscienza di cittadini e interrogano con urgenza la politica.

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Politicamente Correttissimo
Tipacci
Gentile Direttore, tanto per darci un tono, cominciamo con qualche passeggiata nel campo meraviglioso dell’ Ovvio: a ciascuno i suoi guai, ogni giorno ha la sua pena e  -come conclusione trionfale- unicuique suum. Questo per dire che lei e io, ritenuti passabilmente garantisti da chi non ci odia troppo, abbiamo a che fare nei rispettivi schieramenti di centrodestra e di centrosinistra con numerosi tipacci.

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Stop OPG sit-in Aversa 17 maggio
Gli Opg costituiscono un residuo atroce del passato, ma sembrano destinati a perpetuarsi nel futuro. Essi sono la negazione di qualunque concezione terapeutica e di qualunque funzione riabilitativa della sanzione. Sono luoghi opachi pensati al solo fine di tenere lontano da noi il male e la sofferenza mentale. Così come oggi sono, nessuna riforma di essi è possibile. Aversa è di tutto ciò il simbolo più cupo. Per questo è importante partecipare al sit in che si terrà davanti all’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa il 17 maggio.
Stop OPG sit-in Aversa 17 maggio
Gli Opg costituiscono un residuo atroce del passato, ma sembrano destinati a perpetuarsi nel futuro. Essi sono la negazione di qualunque concezione terapeutica e di qualunque funzione riabilitativa della sanzione. Sono luoghi opachi pensati al solo fine di tenere lontano da noi il male e la sofferenza mentale. Così come oggi sono, nessuna riforma di essi è possibile. Aversa è di tutto ciò il simbolo più cupo. Per questo è importante partecipare al sit in che si terrà davanti all’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa il 17 maggio.
Per informazioni: www.stopopg.it
 
Politicamente correttissimo
Due icone del centrodestra vaganti fra trivialità e quadrivi parlamentari
Luigi Manconi

1.Gentile Direttore, capisco che lei possa trovare quanto segue molto snob, molto puritano, molto da ottimati e perfino – Dio non voglia – un po’ azionista: e tuttavia, spes contra spem ho ancora qualche fiducia che lei voglia condividerlo. Trovo che la frase di Daniela Santanché (“Ilda Bocassini è la metastasi”) sia l’affermazione più triviale che mai abbia attraversato il discorso pubblico nazionale degli ultimi decenni. La più oscena delle volgarità.

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Il corpo del nemico e la scelta di Obama
Luigi Manconi
In alcuni stati americani, l’esecuzione capitale costituisce un vero e proprio rito, che prevede cerimoniali, celebranti, attori, testimoni, pubblico. Quel rito contempla abitualmente la partecipazione dei familiari delle vittime di coloro che vengono sottoposti alla pena di morte. E altrettanto abitualmente un certo numero di parenti è presente e assiste all’esecuzione. Ciò rimanda a una tradizione culturale e giuridica propria degli Stati Uniti, che interpreta la categoria di giustizia, ma anche quella di vendetta, secondo un’angolatura assai diversa dalla nostra.

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Ecologista di lotta e di governo
Silvio Di Francia
C’è stato un tempo nel quale l’ambientalismo era riservato a un drappello di orgogliosi minoritari e apocalittici. Non era quello il tempo di Mario Di Carlo, ecologista di lotta e di governo, che con i fondatori di Legambiente immaginò e praticò un ambientalismo civico fatto di campagne in grado di produrre consenso e risultati.

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via Lima 22
00198 Roma

 

invito19maggio

19 maggio ore 17.30 presso l'Associazione Civita
Piazza Venezia 5 - Roma


Ne discutono insieme agli autori: Rosy Bindi, Emma Bonino, Ilaria Cucchi, Marino Sinibaldi.
Lettura di Anna Bonaiuto

Per informazioni Ufficio Stampa il Saggiatore
0220230213

 

 
Catapulte ai Bastioni di Alghero. Una intollerabile offesa al paesaggio
Luigi Manconi
la Nuova Sardegna 4 maggio 2011
Una catapulta, che assume fatalmente le sembianze di un catafalco (cupo, tozzo, sgraziato), si interpone con sfacciata brutalità tra lo sguardo di chi si trovi sui Bastioni Magellano di Alghero e il promontorio di Capo Caccia. E così, incredulo, nei giorni di Pasqua, scopro che sulla terrazza dei bastioni che più si allunga sul mare è stata collocata una colossale riproduzione di quella antica macchina da guerra.

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