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Carità e diritto
Luigi Manconi
Questo articolo ha la più irriguardosa delle pretese: spiegare a qualcuno quali siano le sue vere idee. Ambizione tanto più spericolata se il destinatario di tale missione pedagogica è Giuliano Ferrara: e tuttavia impresa opportuna dal momento che il suo articolo sul Foglio di martedì scorso ( “Una legge che non si fa amare”), rivela vertiginose e appassionanti contraddizioni. Una in particolare: Ferrara se la prende, ancora una volta, con “i puritani del Palasharp e col solito scrittore banale (…), in prima linea nel combattere in questa legge la cultura con la quale mi identifico”.(Prima o poi si dovrà affrontare l’imbarazzante questione dell’ inferiority complex, degli intellettuali di destra nei confronti degli intellettuali di sinistra, come si manifesta in quell’ acidulo senso di rivalsa che perfino uno come Ferrara rivela). Dunque, intendo spiegare a Giuliano Ferrara che  la cultura nella quale dice di identificarsi, e che eccentricamente crede essere quella dell’attuale centrodestra, non ha la minima relazione col disegno di legge sul “testamento biologico” voluta dalla maggioranza. Se non ne fosse convinto, dovrebbe leggere il simpatico componimento, a firma di Raffaele Calabrò, Maurizio Gasparri, Gaetano Quagliariello,  pubblicato sul Corriere della Sera  dell’altro ieri. Si tratta di una ineffabile esercitazione sub-retorica, che ha lo spessore di un temino di seconda liceo , scritto con la corrusca leggiadria di un Biagio Antonacci. Nulla c’è, in quell’articolo, di quello che davvero è, il cuore del problema: ovvero, come scrive il Foglio, il conflitto fra carità e diritto. Conflitto terribile, destinato a non trovare stabile equilibrio né agevole soluzione, e che tuttavia non può essere eluso, come appunto quella legge  pretende di fare. E così, di fronte  a una questione controversa quale quella della nutrizione e idratazione artificiali, il conflitto -lì più doloroso che mai- tra carità e diritto viene “risolto”, sottraendo al soggetto la facoltà di decidere. Ne può conseguire che una persona capace di intendere e di volere, che avesse affidato a una qualche forma di dichiarazione anticipata il proprio “Testamento biologico”, non avrebbe alcuna garanzia che la sua volontà venisse rispettata. Se infatti avesse dichiarato di rinunciare a nutrizione e idratazione artificiali, una volta che si trovasse incapace di intendere e di volere, quei trattamenti sanitari (così definiti dalla comunità scientifica e dall’ordine dei medici) potrebbero venirgli imposti. Pertanto, la decisione su quel corpo e su quella vita (su quanto di comunque inestimabile resta di essa) verrebbe sottratta sia alla carità della “cura amorevole” sia al diritto all’autonomia del soggetto, e consegnata  al dispotismo etico di una legge di maggioranza. Qui sta il punto. Molti ritengono che su tali questioni meglio sarebbe non legiferare. E, infatti, troppo grossolana  è fatalmente  la scrittura della legge (di qualsiasi legge)  rispetto alla delicatezza e alla complessità e, ancor più, alla molteplicità delle concrete situazioni e patologie e condizioni problematiche  alle quali quella legge  dovrebbe applicarsi. Posizione da me non condivisa, eppure interessante. All’opposto sta la legge in discussione: di fronte al tremore di una scelta tragica, invece di assumerne la gravosa responsabilità (continuare o sospendere nutrizione e idratazione artificiali), si decide di estromettere la volontà del soggetto. E di  affidare la scelta, conseguentemente,  all’apparato biotecnologico. Ancora: se è vero come è vero che, dietro tutto ciò, si ripropone –irriducibile-  il conflitto tra carità e diritto, una legge buona è quella che assicura la fertilità della relazione tra quelle due categorie, senza che mai l’una prevarichi sull’altra, fino ad azzerarla. Al contrario, quelle due categorie devono, per quanto faticosamente,  convivere. E, infatti,“i valori potenzialmente in conflitto sono noti. Da un lato l’indisponibilità della vita, anche la mia, a ogni manomissione, e tanto più nelle sue situazioni di precarietà; dall’altro la libertà della persona che vive –e muore!- in questa indisponibilità”( Eugenio Mazzarella in“Vita politica valori” Guida 2010). Se carità e diritto interagiscono tra loro, si mettono in crisi vicendevolmente,  misurano la rispettiva fragilità, si avrà davvero esperienza umana. Che è anche rischio, errore, fallimento. Se si vuole evitare tutto questo, la soluzione è semplice: basta imporre per legge che, ad esempio, nutrizione e idratazione artificiali “non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento.”(Art. 3, comma 6). O, ancora meglio, decidere che quelle e altre dichiarazioni non siano vincolanti. Ma se è così, siamo in presenza di un’autentica impostura: nel momento in cui viene negata al soggetto la possibilità di esercitare l’auto-nomia, è il nomos dello Stato, ovvero l’autorità pubblica, che si impone. E si impone laddove più vulnerabile è l’identità della persona, più sofferente è la percezione dell’ esperienza estrema, più sensibile è la cognizione della propria finitezza. E’ così che si afferma la “bioetica di Stato”.
Il Foglio, 01-03-2011
Carità e diritto
Luigi Manconi
Questo articolo ha la più irriguardosa delle pretese: spiegare a qualcuno quali siano le sue vere idee. Ambizione tanto più spericolata se il destinatario di tale missione pedagogica è Giuliano Ferrara: e tuttavia impresa opportuna dal momento che il suo articolo sul Foglio di martedì scorso ( “Una legge che non si fa amare”), rivela vertiginose e appassionanti contraddizioni.

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Luigi Manconi
Non si tratta solo di una pessima legge. È una legge illiberale e statalista, invasiva e grossolana, che pretende di imporre una “bioetica di stato” e di intervenire nella sfera più intima e delicata della persona, laddove “le questioni ultime” trovano il loro fondamento e conoscono la loro più dolorosa esperienza.

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SINTESI DELL’ESPOSTO PRESENTATO ALLA PROCURA DI ROMA IN DATA 23 FEBBRAIO 2011
Intendo rappresentare a codesta Procura la necessità di indagare sulla morte di quattro bambini - Fernando Mircea, Patrizia Mircea, Sebastian Mircea e Raul Vasile - avvenuta il giorno  6 febbraio 2011 nel territorio del Comune di Roma e cagionata da un incendio della piccola baracca nella quale erano precariamente alloggiati, ponendo attenzione alle responsabilità di chi avrebbe avuto il compito istituzionale di intervenire a garantire la loro incolumità. La mia denuncia ha come oggetto la necessità che l’indagine penale stabilisca con precisione se la tragedia poteva essere evitata e nel caso come e da chi, valutandone appieno la condotta attraverso la lente esclusiva del nostro ordinamento penale. Il nostro sistema giuridico conosce obblighi di controllo che impongono di neutralizzare eventuali fonti di pericolo, attribuendo a determinate categorie di soggetti una funzione di garanzia rispetto agli eventi dannosi che potrebbero scaturire da tali  fonti. E’ il caso di coloro che vantano un potere di organizzazione e di disposizione relativa a tali situazioni. E tra costoro certamente va considerata la figura del Sindaco, per i compiti a lui attribuiti come ufficiale di Protezione civile rispetto a situazioni di rischio per l’incolumità degli abitanti del territorio nel quale riveste detta funzione pubblica.
Le circostanze a mia conoscenza inducono a ritenere che il Sindaco di Roma abbia omesso completamente  lo svolgimento dei suoi doveri, tanto da prospettare a codesta Procura che egli debba rispondere ai sensi dell’art.40 cpv c.p. dell’omicidio colposo dei bimbi morti nell’avvenimento tragico che ho indicato, essendo egli rimasto inerte nonostante fosse stato avvertito dei pericoli concretamente incombenti sugli abitanti di quell’insediamento abusivo:
1.    In data 4 maggio 2010 il Comandante Vincenzo Senatore della Legione Carabinieri Lazio comunicava a vari indirizzi (all. 1) tra i quali “ il Gabinetto del Sindaco” e “Il IX Municipio” “di avere rilevato un insediamento abusivo composto da 25 persone tutti di origine romena suddivisi in sette uomini e dieci donne e otto bambini, e come rifugio la presenza di otto baracche create con materiale ligneo e di fortuna”.
2.    Lo stesso Comandante comunicava altresì che era “alto il rischio di incendio, perché gli occupanti utilizzano fornelli da campeggio alimentati da bombole di GPL, posizionati nei pressi delle costruzioni in materiale ligneo”. Aggiungeva in quella relazione il com. Senatore che “le condizioni sanitarie erano pessime” e in merito a quanto riferito si dichiarava “in attesa delle determinazioni che si riterrà opportuno adottare”: attesa vana perché alla sua relazione non conseguì alcun effetto e non valse a smuovere l’inerzia assoluta del Sindaco cui competeva in primo luogo l’iniziativa.
3.       A seguito della relazione dei carabinieri citata, il ricevente gabinetto del Sindaco si limitò, il 10 maggio 2010, a darne notizia a varie figure istituzionali, senza farne discendere iniziativa operativa alcuna.
4.       In data 13 maggio 2010 l’arch. Mirella Di Giovane del IX Municipio con una missiva indirizzata agli stessi destinatari. La lettera veniva indirizzata anche a Co. tra. l. spa, proprietaria dell’area, per sollecitare la sua diretta iniziativa: dopo “avere verificato direttamente la gravità della situazione” ribadiva “ la pericolosità della situazione … per la sicurezza dei suoi stessi occupanti” e chiedeva “la bonifica dell’area”,  “dopo avere provveduto all’assistenza  alloggiativa per le famiglie e i minori presenti”.
5.   In data 21 maggio 2010 la Polizia municipale di Roma con lettera corredata di fotografie inviata tra gli altri al Gabinetto del Sindaco e al direttore della Protezione civile effettuava un ulteriore accertamento, che confermava appieno la situazione di allarme indicata già dal rapporto dei Carabinieri e dal sopralluogo dei funzionari del IX Municipio. Oltre alle drammatiche carenze igieniche si tornava a sottolineare il pericolo “per la sicurezza delle persone”
6.       A queste note il gabinetto del Sindaco si limitava a replicare in data 26 maggio 2010, con una missiva a firma della dirigente Annamaria Manzi, il cui contenuto rivela un corto circuito che abdica al compito di garanzia spettante al primo cittadino: ci si limitava, infatti, a rispondere a coloro che avevano segnalato quella drammatica urgenza di intervenire che i vari uffici erano già stati avvertiti (ciascuno per quanto di “ sua competenza”) e invitati ad adottare gli opportuni provvedimenti. Provvedimenti che a tutt’oggi ignoro, ma che non furono risolutivi visti gli esiti drammatici della vicenda.
7.    In data 31 maggio 2010 il IX Municipio, con lettera a firma del Presidente Susana Fantino,  indirizzata direttamente al Sindaco Gianni Alemanno sottolineava l’inerzia (“a tutt’oggi non è stato fatto nulla” ) deplorando l’assenza di qualsivoglia iniziativa atta a porre riparo a una situazione definita “drammatica”. La indicata lettera non mi risulta avere avuto alcuna risposta da parte del Sindaco.
8.       Il 7  dicembre 2010 veniva indirizzata, tra gli altri al gabinetto del Sindaco, una relazione della polizia municipale relativa agli esiti di un sopralluogo effettuato nell’insediamento, se ne ribadiva l’esistenza “dando conto di un manufatto realizzato con materiali provvisori tavoli e teli di plastica……si notavano i segni inequivocabili della presenza di persone anche minorenni (più esplicitamente avrebbe potuto precisare: di bambini, vista la natura delle cose rinvenute ndr)…..giocattoli usati.. varie vettovaglie e bevande ad uso alimentare”. Veniva, ancora una volta, sottolineata la pericolosità del luogo sotto vari profili,  e veniva sollecitata l’adozione urgente di misure di bonifica.
Quanto ho descritto mi appare indicativo in modo univoco della responsabilità del Sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Dopo la notizia a lui ripetutamente data, e frutto di convergenti verifiche da parte di organi di polizia e amministrativi, della pericolosità dell’insediamento di fortuna per l’incolumità dei suoi abitanti, il Sindaco era divenuto, fin dal maggio 2010, il primo garante che quella situazione non dovesse produrre danni ai suoi abitanti.
Le ragioni esposte supportano la presente denuncia del Sindaco di Roma Gianni Alemanno per il delitto di omicidio colposo di Fernando Mircea, Patrizia Mircea, Sebastian Mircea e Raul Vasile, avvenuta in Roma il 6 febbraio 2011.
SINTESI DELL’ESPOSTO PRESENTATO ALLA PROCURA DI ROMA IN DATA 23 FEBBRAIO 2011

Intendo rappresentare a codesta Procura la necessità di indagare sulla morte di quattro bambini - Fernando Mircea, Patrizia Mircea, Sebastian Mircea e Raul Vasile - avvenuta il giorno  6 febbraio 2011 nel territorio del Comune di Roma e cagionata da un incendio della piccola baracca nella quale erano precariamente alloggiati, ponendo attenzione alle responsabilità di chi avrebbe avuto il compito istituzionale di intervenire a garantire la loro incolumità.

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http://www.italiarazzismo.it/upload/files/Dichiarazione di impegno Alemanno Belviso Casilino 900.pdf
Dichiarazione di impegno
 
Procura della Repubblica di Roma
Atto di denuncia:
Il sottoscritto Luigi Manconi nato a Sassari il 21/02/1948 e domiciliato per il presente atto in Roma via Pasubio 15 presso lo studio dell’avv. Alessandro Gamberini, nella sua qualità di Presidente e rappresentante legale dell’associazione “A Buon Diritto Onlus” con sede in Roma, via Lima 22
espone:
Intendo rappresentare a codesta Procura la necessità di indagare sulla morte di quattro bambini - Fernando Mircea, Patrizia Mircea, Sebastian Mircea e Raul Vasile - avvenuta il giorno  6 febbraio 2011 nel territorio del Comune di Roma e cagionata da un incendio della piccola baracca nella quale erano precariamente alloggiati, ponendo attenzione alle responsabilità di chi avrebbe avuto il compito istituzionale di intervenire a garantire la loro incolumità.
Dico subito che la presente denuncia non consegue a una valutazione del cd. piano nomadi e della sua gestione, sulla quale si possono formulare molte critiche, ma che non potrebbero mai tradursi, di per sé, nell’attribuzione di una responsabilità penale; e neppure a una valutazione delle scelte politiche in materia da parte di chi, nel corso di molti anni, avrebbe avuto il compito di intervenire, garantendo alle famiglie, come quella dei bambini vittime di questa tragedia, soluzioni abitative compatibili con la dignità della persona umana, e non lo ha fatto. Considerazioni sulla base delle quali potrei comunque desumere gravi responsabilità morali, ma che fungono solo da cornice alle condotte che in questa sede pongo all’attenzione del magistrato del Pubblico Ministero.
E, invece, la mia denuncia ha come oggetto, e in modo molto più concreto, la necessità che l’indagine penale stabilisca con precisione se la tragedia poteva essere evitata e nel caso come e da chi, valutandone appieno la condotta attraverso la lente esclusiva del nostro ordinamento penale.
Esiste pendente, certo, avanti al vostro Ufficio un’indagine relativa all’eventuale responsabilità dei familiari dei bambini morti. Ai genitori incombe, com’è noto, un compito di protezione dei minori rispetto alla salvaguardia della loro vita e della loro incolumità e si tratterà di verificare se, compatibilmente con l’estremo disagio della loro condizione sociale, a costoro possa essere attribuita una responsabilità per la tragedia che pure li ha così duramente colpiti nei loro affetti.
Ma il nostro sistema giuridico, accanto a tali obblighi di protezione, conosce anche obblighi di controllo che impongono di neutralizzare eventuali fonti di pericolo, attribuendo a determinate categorie di soggetti una funzione di garanzia rispetto agli eventi dannosi che potrebbero scaturire da tali  fonti.
E’ il caso di coloro che vantano un potere di organizzazione e di disposizione relativa a tali situazioni. E tra costoro certamente va considerata la figura del Sindaco, per i compiti a lui attribuiti come ufficiale di Protezione civile, di cui dirò, rispetto a situazioni di rischio per l’incolumità degli abitanti del territorio nel quale riveste detta funzione pubblica.
L’attribuzione al Sindaco di tali funzioni di garanzia è risalente e ha le sue radici nella L. 996/1970 e nel regolamento esecutivo di tale legge che, emanato oltre dieci anni dopo (D.P.R. 6 febbraio 1981 n. 66),  ha espressamente individuato nel sindaco, all’art. 16, “l’organo  locale di protezione civile” attribuendogli il compito, laddove vi sia il pericolo di un evento calamitoso, “di intervenire immediatamente con tutti i mezzi a disposizione, dandone notizia al Prefetto”. Ma la norma decisiva nella materia si rinviene nella legge 225/1992, che individua per la prima volta autonomi poteri del Sindaco non più come ufficiale locale del governo, ma come “autorità comunale di protezione civile” (art.15), con indiscutibili conseguenze sul piano delle responsabilità, perché è il sindaco che, in prima persona, si deve fare carico degli interventi necessari rispetto al rischio di un avvenimento pericoloso dell’incolumità dei cittadini. Ovviamente nella scala delle possibili calamità l’intervento del Sindaco sarà diretto ed esclusivo, se si tratta di un intervento che rientra nelle sue competenze, mentre anche ad altri spetterà il compito di intervenire se i fatti assumeranno una dimensione che va al di là di quella locale, sempre però nell’ambito di responsabilità concorrenti. Fermo restando che potrà farsi carico al garante solo l’omissione di poteri da lui esigibili, intendendosi con ciò peraltro anche lo svolgimento doveroso di poteri di sollecitazione e di controllo dell’intervento altrui, sempre se diretti ad impedire l’evento (si veda, in proposito, sulla ricostruzione dei doveri del Sindaco una recente decisone del giudice di legittimità illuminante sull’ampiezza dei doveri del garante e del Sindaco in specie. Vedi Cass., sez. IV, 12 marzo 2010 n. 16761, rel. Brusco).
Le circostanze a mia conoscenza, che di seguito enuncerò, inducono a ritenere che il Sindaco di Roma abbia omesso completamente  lo svolgimento dei suoi doveri, tanto da prospettare a codesta Procura che egli debba rispondere ai sensi dell’art.40 cpv c.p. dell’omicidio colposo dei bimbi morti nell’avvenimento tragico che ho indicato, essendo egli rimasto inerte nonostante fosse stato avvertito dei pericoli concretamente incombenti sugli abitanti di quell’insediamento abusivo.
A dimostrazione di quanto detto vale riferire ciò che segue:
1. In data 4 maggio 2010 il Comandante Vincenzo Senatore della Legione Carabinieri Lazio comunicava a vari indirizzi (all. 1) tra i quali “ il Gabinetto del Sindaco” e “Il IX Municipio” “di avere rilevato un insediamento abusivo composto da 25 persone tutti di origine romena suddivisi in sette uomini e dieci donne e otto bambini, e come rifugio la presenza di otto baracche create con materiale ligneo e di fortuna”.
2. Lo stesso Comandante comunicava altresì che era “alto il rischio di incendio, perché gli occupanti utilizzano fornelli da campeggio alimentati da bombole di GPL, posizionati nei pressi delle costruzioni in materiale ligneo”.
Prospettando direttamente il rischio di quell’evento che si verificherà alcuni mesi più tardi.
Aggiungeva in quella relazione il com. Senatore che “le condizioni sanitarie erano pessime” e in merito a quanto riferito si dichiarava “in attesa delle determinazioni che si riterrà opportuno adottare”: attesa vana perché alla sua relazione non conseguì alcun effetto e non valse a smuovere l’inerzia assoluta del Sindaco cui competeva in primo luogo l’iniziativa.
3. A seguito della relazione dei carabinieri citata, il ricevente gabinetto del Sindaco si limitò, in data immediatamente successiva il 10 maggio 2010, a darne notizia  (all.2) a varie figure istituzionali, tra i quali il direttore della protezione civile di Roma, dott. Tommaso Profeta, dando implicitamente conto di aver compreso il significato inequivocabilmente allarmante  di quella comunicazione, ma senza farne discendere iniziativa operativa alcuna. Sarà compito dell’indagine verificare in cosa sia consistito, dopo aver appresa la notizia descritta nel rapporto dei carabinieri, il comportamento del dott. Profeta e vagliarne eventuali responsabilità concorrenti con quelle del Sindaco.
4. In data 13 maggio 2010 l’arch. Mirella Di Giovane del IX Municipio con una missiva (all. 3) indirizzata agli stessi destinatari (tra i quali lo stesso dott. Profeta), dopo “avere verificato direttamente la gravità della situazione” ribadiva “ la pericolosità della situazione … per la sicurezza dei suoi stessi occupanti” e chiedeva “la bonifica dell’area”,  “dopo avere provveduto all’assistenza  alloggiativa per le famiglie e i minori presenti”.
5. In data 21 maggio 2010 la Polizia municipale di Roma con lettera corredata di fotografie inviata tra gli altri al Gabinetto del Sindaco e al direttore della Protezione civile effettuava un ulteriore accertamento, che confermava appieno la situazione di allarme indicata già dal rapporto dei Carabinieri e dal sopralluogo dei funzionari del IX Municipio. Oltre alle drammatiche carenze igieniche si tornava a sottolineare il pericolo “per la sicurezza delle persone” (all. 4). La lettera veniva indirizzata anche a Co. tra. l. spa, proprietaria dell’area, per sollecitare la sua diretta iniziativa: iniziativa peraltro resa impossibile dall’opposizione degli abitanti dell’insediamento e rimasta senza perciò esito, cui seguì una denuncia inoltrata alla Procura della Repubblica di Roma (notizia dettagliata fornita dal Messaggero del 9 febbraio 2011 con un articolo a firma di  Claudio Marincola  dal titolo “Il Cotral chiese il sequestro dei campi Rom”).
6. A queste note il gabinetto del Sindaco si limitava a replicare in data 26 maggio 2010, con una missiva a firma della dirigente Annamaria Manzi, il cui contenuto rivela un corto circuito che abdica al compito di garanzia spettante al primo cittadino: ci si limitava, infatti, a rispondere a coloro che avevano segnalato quella drammatica urgenza di intervenire che i vari uffici erano già stati avvertiti (ciascuno per quanto di “ sua competenza”) e invitati ad adottare gli opportuni provvedimenti. Provvedimenti che a tutt’oggi ignoro, ma che non furono risolutivi visti gli esiti drammatici della vicenda.
7. In data 31 maggio 2010 il IX Municipio, con lettera a firma del Presidente Susana Fantino,  indirizzata direttamente al Sindaco Gianni Alemanno sottolineava l’inerzia (“a tutt’oggi non è stato fatto nulla” ) deplorando l’assenza di qualsivoglia iniziativa atta a porre riparo a una situazione definita “drammatica”. La indicata lettera non mi risulta avere avuto alcuna risposta da parte del Sindaco.
8. Il 7  dicembre 2010 veniva indirizzata, tra gli altri al gabinetto del Sindaco, una relazione della polizia municipale relativa agli esiti di un sopralluogo effettuato nell’insediamento, se ne ribadiva l’esistenza “dando conto di un manufatto realizzato con materiali provvisori tavoli e teli di plastica……si notavano i segni inequivocabili della presenza di persone anche minorenni (più esplicitamente avrebbe potuto precisare: di bambini, vista la natura delle cose rinvenute ndr)…..giocattoli usati.. varie vettovaglie e bevande ad uso alimentare”. Veniva, ancora una volta, sottolineata la pericolosità del luogo sotto vari profili,  e veniva sollecitata l’adozione urgente di misure di bonifica rese più facili, stante il fatto che le abbondanti piogge dei giorni precedenti avevano provocato il temporaneo allontanamento degli abitanti, ma le condizioni del sito lasciavano ben intendere la possibilità che sarebbe stato presto rioccupato “in condizioni climatiche più favorevoli”. Ancora una volta non mi risulta che sia stata presa alcuna misura a seguito di questa (ennesima) segnalazione.
Quanto ho descritto mi appare indicativo in modo univoco della responsabilità del Sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Dopo la notizia a lui ripetutamente data, e frutto di convergenti verifiche da parte di organi di polizia e amministrativi, della pericolosità dell’insediamento di fortuna per l’incolumità dei suoi abitanti, il Sindaco era divenuto, fin dal maggio 2010, il primo garante che quella situazione non dovesse produrre danni ai suoi abitanti.
L’ampiezza del tempo, ben nove mesi,  che è intercorso fra quelle segnalazioni e la tragedia lascia intendere che era certamente esigibile dal Sindaco stesso un’iniziativa volta a impedire quanto è avvenuto. Né la materia ammette deleghe di funzioni che spoglino il delegante di un dovere di controllo e di iniziativa nell’ambito di un’organizzazione complessa della quale conserva il ruolo apicale sul piano organizzativo, gestionale e operativo. Da questo punto di vista pochi dubbi sembrano esserci sull’inerzia del Sindaco, del suo staff e delle sue strutture operative, rispetto a quanto da lui certamente appreso fin da quella data. Dell’omissione dei suoi doveri è conferma indiretta, ma decisiva, l’ulteriore relazione della polizia municipale del dicembre 2010, nella quale si dava conto della persistente esistenza di un nucleo abitativo in condizioni di estremo pericolo  nello stesso luogo: mesi dunque nei quali nulla era avvenuto, né nulla verrà fatto in quelli successivi fino a che il 6 febbraio 2011 il rogo di Fernando Mircea, Patrizia Mircea, Sebastian Mircea e Raul Vasile ricorderà a tutti, e anche al Sindaco Gianni Alemanno, immemore dei suoi doveri di garante della loro incolumità, la loro esistenza, ma solo nel momento in cui quella stessa esistenza veniva tragicamente a mancare.
Le ragioni esposte supportano la presente denuncia del Sindaco di Roma Gianni Alemanno per il delitto di omicidio colposo di Fernando Mircea, Patrizia Mircea, Sebastian Mircea e Raul Vasile, avvenuta in Roma il 6 febbraio 2011.
Nomino fin d’ora difensore l’avv. Alessandro Gamberini del Foro di Bologna con studio in Roma via Pasubio 15. Tra le  finalità statutarie dell’associazione che rappresento si legge, all’art 4:  “Sempre allo scopo di conseguire la tutela e la promozione dei diritti civili e dei diritti fondamentali della persona, A Buon Diritto persegue (…) la tutela e promozione dei diritti relativi all’ingresso e alla permanenza sul territorio italiano di migranti e richiedenti asilo privi di qualunque forma di garanzie sociali e di tutele economiche” (all. 5).
In tal senso considero anche l’associazione “A Buon Diritto” parte offesa di quel delitto e chiedo di essere avvertito nell’eventualità di una richiesta di archiviazione.
Roma 22 febbraio 2011
Luigi Manconi
Procura della Repubblica di Roma

Atto di denuncia:

Il sottoscritto Luigi Manconi nato a Sassari il 21/02/1948 e domiciliato per il presente atto in Roma via Pasubio 15 presso lo studio dell’avv. Alessandro Gamberini, nella sua qualità di Presidente e rappresentante legale dell’associazione “A Buon Diritto Onlus” con sede in Roma, via Lima 22

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Morale e contesto
La lotta cinica al puritanesimo che diventa estetica del trash, il riscatto del Vecchioni operaista
Luigi Manconi

Politicamente correttissimo
1.Giuliano Ferrara è, in forma iperbolica,ciò che qualcuno ebbe la bonomia di dire di me: o serioso o cazzaro. Modestamente. Mi capita,così,di concordare con lui,almeno in prima istanza,proprio su ciò che appare più deperibile e cialtronesco e,appunto, cazzaro nel suo articolo sul Foglio di ieri.

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Mercoledì 23 febbraio ore 15.00
Sala Stampa della Camera dei deputati via della Missione 4

QUATTRO BAMBINI ROM E UN SINDACO
Un’azione giudiziaria per il rogo di via Appia Nuova


Intervengono
Luigi Manconi presidente di A Buon Diritto
Alessandro Gamberini avvocato

Partecipano
Susi Fantino Presidente del IX Municipio, Sandro Medici Presidente del X Municipio, Daniele Ozzimo Vicepresidente Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale, Nazareno Guarnieri Presidente della Federazione Romanì, Claudio Graziano Responsabile nazionale Arci per Rom e Sinti, Silvio Di Francia Segreteria romana del Pd

E i parlamentari
Ileana Argentin, Rita Bernardini, Rosa Villecco Calipari, Gianni Cuperlo, Guido Melis, Roberto Morassut, Andrea Sarubbi, Walter Tocci, Livia Turco, Luigi Zanda

 
Per i peccati del Cav. evocate Orwell e col fine vita come la mettiamo?
Luigi Manconi
Politicamente correttissimo

1.La domanda è: oggi (sottolineo oggi) cosa corrisponde più precisamente al “progetto orwelliano(Giuliano Ferrara, il Foglio dell’altro ieri)?Il voler “entrare nella casa privata del premier” o il voler entrare nella sfera privata, e più intima della persona in stato vegetativo, per imporle trattamenti sanitari  contro la sua volontà anticipatamente dichiarata?Da qui non si scappa.

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Politicamente correttissimo
Sulla privacy
Luigi Manconi
Privacy 1
Piero Ostellino non è un tipo molto popolare dalle mie parti politiche(che, come forse qualcuno sa, non coincidono esattamente con quelle del Foglio),eppure a me è simpatico e condivido alcune delle sue considerazioni a proposito della più recente iniziativa giudiziaria contro Silvio Berlusconi.

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Politicamente correttissimo
L'uso sderenato della dottrina non può coprire le pudenda del governo

Luigi Manconi
1-    Gli esponenti del centro-destra sono furiosamente impegnati, in queste ore, a proclamare  principi e regole del garantismo a proposito della nuova inchiesta giudiziaria su Silvio Berlusconi.

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Milano, 29 gennaio 2011: manifestazione per i profughi africani del Sinai

Tutti gli amici dei diritti umani sono invitati a partecipare al presidio di sabato 29 gennaio 2011 a Milano, presso la Rappresentanza a Milano della Commissione europea, corso Magenta angolo via Caradosso, dalle 10 del mattino.
Sabato 29 gennaio 2011, a partire dalle 10 del mattino, manifestazione pacifica per chiedere alle istituzioni dell'Unione europea, alle Nazioni Unite e ai governi democratici di interrompere il "silenzio assordante" riguardo ai profughi africani nelle mani dei predoni del nord del Sinai. E riguardo ai profughi africani che si trovano in Israele aspettando di essere rimpatriati verso i paesi da cui sono fuggiti, dove li aspettano il carcere, la tortura e spesso la morte.

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Fiaccolata silente
Cari colleghi,

sono più di due mesi che la drammatica situazione dei profughi sequestrati nel Sinai va avanti senza che nulla sia avvenuto in termini di risposte istituzionali e di mobilitazione della comunità internazionale. Siamo più che mai convinti che sia necessario intraprendere tutte le azioni possibili per tenere alta l'attenzione e cercare di sollecitare queste risposte.
Per questo motivo insieme all'Agenzia Habeshia, all'Associazione a Buon Diritto e al Centro Astalli abbiamo deciso di promuovere un'iniziativa pubblica a Roma: una fiaccolata silente sulle scale del Campidoglio Martedì 1° febbraio 2011 alle ore 18.00. Vi alleghiamo il manifesto/appello della manifestazione.

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