Reato di clandestinità: la solita ottusa pratica le procure intervengono
Osservatorio Italia-razzismo 25 gennaio 2011 La Procura di Firenze ci mette una pezza, come si suol dire. La direttiva europea 115/2008, che doveva essere recepita dal nostro paese entro il 24 dicembre 2010, disciplina le procedure di rimpatrio degli stranieri irregolarmente presenti sul territorio degli stati membri. Questa direttiva è in netto contrasto con la legge Bossi-Fini, soprattutto nella parte riguardante il “reato di clandestinità”, che obbliga le nostre forze di polizia ad arrestare coloro che, privi di un regolare permesso di soggiorno, non ottemperino all’ordine di espulsione.
Commenta (0 Commenti)
I quiz? Un bene per l'integrazione aprirli a tutti gli stranieriI quiz? Un bene per l'integrazione aprirli a tutti gli stranieri
Italia-razzismo 18 gennaio 2011 È partito ieri in due città, Firenze e Asti, il test di lingua italiana a cui si devono sottoporre gli stranieri intenzionati a richiedere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Politicamente Correttissimo
La stanza dei regali Luigi Manconi 1- Ero poco più che piccino quando sostenni l’esame di Morale 1 presso la facoltà di scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Docente era Don Luigi Giussani, che valutò in modo assai lusinghiero la mia prova. Da allora, dalla preparazione di quell’esame, so - nei limiti di una conoscenza certo generica - quale sia la differenza tra morale e moralismo.
il Foglio 5 gennaio 2011
Luigi Manconi
1. Operai e capitale. D'accordo. Accogliamo per comodità dialettica l'assunto degli apologeti. La strategia di Sergio Marchionne costituirebbe uno straordinario modello. Che dico? più che un modello un perfetto paradigma della post-modernità. Chi si è spinto più in là su questa china agiografica è stato, come talvolta gli accade, Giuliano Ferrara. Il direttore del Foglio scorge in alcune mosse dell'a.d. di Fiat il senso di una vera e propria strategia generale, tale da modificare il quadro politico-istituzionale del nostro paese, le sue relazioni industriali, i rapporti di forza tra gruppi dirigenti, corpi intermedi e classi sociali. Ha scritto proprio così, o pressapoco così, Ferrara.
Lavoro ai Fianchi
I teorici della legge
Luigi Manconi “La soppressione del dolore e della coscienza per mezzo dei narcotici è permessa dalla religione e dalla morale al medico e al paziente, anche all’avvicinarsi della morte e se si prevede che l’uso dei narcotici abbrevierà la vita? Se non esistono altri mezzi e se, nelle date circostanze, ciò non impedisce l’adempimento di altri doveri religiosi e morali: Sì” Pio XII LA LETTERA
Presidente Napolitano, perché l'Italia è avara con i profughi? LUIGI MANCONI Signor Presidente, questa mattina ho avuto modo di visitare l'edificio dell'ex ambasciata della Somalia in Italia, sito in via dei Villini numero 9. nel centro di Roma. L'edificio è privo di acqua corrente e di elettricità, gli infissi sono in gran parte divelti, le porte sono scardinate e mancano moltissimi vetri, Giovedì 30 dicembre 2010 ore 11.00 nella sede dell’ex Ambasciata della Somalia in Italia via de Villini 9
Conferenza stampa promossa da Federazione Nazionale Stampa Italiana A Buon Diritto Consiglio Italiano Rifugiati Medici per i Diritti Umani Migrare Articolo 21 PROFUGHI A ROMA Gli INVISIBILI di VIA dei VILLINI e gli ALTRI Si stima che a Roma circa 1.500 rifugiati vivano in condizioni abitative di drammatico degrado. Si tratta di persone che sono fuggite dal proprio paese a causa di conflitti armati o di persecuzioni per motivi etnici o religiosi o per appartenenza a determinate nazionalità o gruppi sociali o per le proprie opinioni politiche, e che hanno ottenuto dallo Stato Italiano il riconoscimento della condizione giuridica di rifugiato. Centinaia e centinaia di loro vivono, in qualche caso da molti anni, in sistemazioni di fortuna, destinate a trasformarsi in veri e propri ghetti. Come quello di via Arrigo Cavaglieri (Romanina), quello di via Collatina, quello di Via dei Villini e come la baraccopoli di Ponte Mammolo o ancora come le sistemazioni occasionali, quale quella del binario 15 della Stazione Ostiense. Ciò in totale assenza di qualunque politica pubblica e di strutture di seconda accoglienza, in grado di sostenere l’inserimento sociale e la ricerca di occupazione, l’accesso ai servizi e il riconoscimento dei diritti di cittadinanza. 24 dicembre 2010
Nessuno può dirlo con certezza, ma è altamente probabile che, tra il 1967 e il 1969, non si sarebbe trovata una delegazione di studenti disposta a recarsi a un incontro con l’allora Capo dello Stato. Non si ceda alla facile ironia sulla distanza incolmabile tra il presidente dell’epoca, Giuseppe Saragat, e quello attuale, Giorgio Napolitano: è un elemento importante, ma a inibire anche solo l’eventualità di un simile incontro, 40 anni fa, era altro.Luigi Manconi
Qualcosa di nuovo
Luigi Manconi
E se questo movimento studentesco non si esaurisse con la giornata di oggi? Se, cioe?, la definitiva approvazione della cosiddetta riforma Gelmini non bruciasse una volta per tutte le aspettative e le energie della mobilitazione? E? possibile. In altre parole, e? possibile che, dopo alcuni decenni di fuochi fatui e dopo molte avvisaglie non concretizzatesi e dopo agitazioni tumultuose ma gracili, questa volta un movimento giovanile e studentesco riesca a rafforzarsi, riprodursi nel tempo e insediarsi con radici robuste nel tessuto sociale. Certo, e? altrettanto possibile che nulla di tutto cio? accada e che questa mobilitazione si concluda come, in precedenza, si sono concluse quelle dei movimenti degli anni ’80 e ’90, come la Pantera e l’Onda. Sono due i fattori che consentono di ipotizzare un esito diverso. Il primo e? rappresentato dalla dimensione non esclusivamente italiana del fenomeno: manifestazioni di massa, a composizione non solo studentesca, si sono registrate negli ultimi mesi e settimane in molti paesi europei, con connotati simili. Il secondo, rilevantissimo fattore e? costituito dallo scenario nel quale si sviluppa la mobilitazione, segnato dagli effetti di una profondissima crisi economica. Pressoche? tutti gli altri movimenti studenteschi della storia italiana, e non solo italiana, si aggregavano in periodi di risorse affluenti e di aspettative crescenti. Alla fine degli anni ’60 il movimento si formava in una scuola diventata infine di massa e in una societa? che infine conosceva il benessere e il consumismo. Erano movimenti sostanzialmente ottimisti, proiettati verso il futuro, tesi a immaginare e a tentare di afferrare, in qualche modo, una prospettiva di maggiore ricchezza. Ricchezza di beni materiali e di conoscenze intellettuali, di opportunita? sociali e di spazi di liberta?, di diritti individuali e di garanzie collettive. (E, nei paesi dell’Est, i movimenti studenteschi hanno contribuito potentemente alla democratizzazione di regimi non democratici). Potevano fallire, come e? accaduto, ma lasciavano una traccia: profonda, profondissima, quale quella impressa sul corpo della societa? italiana. Quei movimenti, certo, non hanno “fatto la rivoluzione” – e come potevano? – ma hanno contribuito, piu? di qualunque altro soggetto, a modernizzare la comunita? nazionale, le relazioni sociali e gli stili di vita. Anche i movimenti successivi hanno operato in una condizione di relativo benessere, dove il conflitto ruotava intorno ai criteri di distribuzione di risorse (materiali e immateriali) che tendevano a scarseggiare, ma che pure rappresentavano una apprezzabile posta in gioco. Oggi non e? piu? cosi?. La frase che piu? spesso si sente ripetere da chi partecipa ai cortei, “ci negano il futuro”, sara? pure retorica e fara? arricciare il delizioso nasino del ministro Gelmini, ma allude a una verita? brutale. In Italia la disoccupazione giovanile e? la piu? alta d’Europa, nel sud e? ancora maggiore e tra le donne meridionali cresce ulteriormente. Il paesaggio e? ne? piu? ne? meno che desolante.
Il movimento giovanile studentesco di questi mesi sembra il solo capace di resistere a una sindrome depressiva sociale e psicologica, collettiva e individuale. E di contrastare la miseria, considerata come scrivevano nel 1966 gli studenti di Strasburgo, nell’opuscolo De la mise?re en milieu e?tudiant «nei suoi aspetti economici, psicologici, politici, sessuali e in particolare intellettuali». Infine, c’e? la questione della violenza. E? superfluo qui, poi insistere sulla condanna: va da se?. Ma e? altrettanto ovvio che la violenza e? l’espressione maldestra e deforme, che puo? arrivare a farsi criminale, di un bisogno di comunicazione, tanto piu? destinato a diventare sopraffazione quanto piu? si scopra impotente perche? inascoltato. La violenza, in particolare, e? totalmente improduttiva perche? immorale e immorale perche? totalmente improduttiva (e? questo il fondamento piu? robusto della nonviolenza). La manifestazione di martedi? 14 scorso trasmetteva una sorta di aspra malinconia, forse perche? la violenza e? sempre cupa in quanto incapace di emancipazione per se? e per gli altri. Ma la violenza del movimento del ’77 si alternava a importanti espressioni di creativita? e di fantasia, perche? comunque, cercava una
proiezione in avanti, nello spazio e nel tempo. Ora, e? infinitamente piu? difficile. E? come se quella violenza fosse la manifestazione di una afasia (dei giovani) e di una sordita? (degli adulti). Oggi e? il tempo delle passioni tristi, secondo la notissima formulazione di Spinoza, ripresa alla lettera da Vasco Rossi (si?, Vasco Rossi) nel suo concerto all’Olimpico del 29 maggio 2008: «chi detiene il potere ha sempre bisogno che le persone siano affette da tristezza». Nonostante tutto, questa e? una stagione di grandi passioni: tocca alla politica e, forse ancor prima ai movimenti sociali, far si? che quella passione si liberi dalla tristezza e trovi una via magari tortuosa e certamente faticosa per continuare a immaginare un futuro.
l’Unità 22.12.10
Politicamente correttissimo
Se ci fosse il Cav. Se berlusconi fosse come ci dice di essere, quei 250 profughi africani sarebbero già salvi Luigi Manconi “Dove sono i pacifisti?” (Oppure: “perché tacciono i pacifisti?”): quell’interrogativo, in una varietà di versioni, costituisce una sorta di tedioso canone di un sottogenere letterario, notevolmente diffuso nella pubblicistica nazionale da circa un trentennio. Non lo richiamo qui per mera rivalsa – pur se la tentazione sarebbe forte – ma solo ed esclusivamente per una piccola questione di verità.
“LA DETENZIONE CAUTELATIVA”
16 dicembre 2010 alle ore 18.00 presso la Sala del Senato di S. Chiara (Ex Hotel Bologna) Via di S. Chiara, 4 - Roma Brescia - Muore nella cella del comando dei Carabinieri un giovane senegalese: perché?
da Radio Onda D’Urto Brescia, domenica 12 dicembre. Attorno alle 8.45 del mattino presso l’ospedale civile viene constatato il decesso di Elhdy Seyou Gadiaga, 36 anni, cittadino del Senegal, in Italia da circa 15 anni. In ospedale era arrivato da poco. Da venerdì pomeriggio Elhdy era trattenuto presso la caserma dei carabinieri di piazza Tebaldo Brusato. |